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Libia, messaggio di Gheddafi: “Dove sono non mi potete raggiungere”. Cpi contro il regime

Frattini: "Prendo per buone le parole del vescovo di Tripoli, Gheddafi probabilmente è fuori Tripoli ed è ferito". Ma il monsignore smentisce. La portavoce dell'Alleanza: "Progressi reali nella missione". Il procuratore della Cpi ha intanto chiesto tre arresti per crimini contro l'umanità per altrettanti gerarchi del regime. Forse per lo stesso Colonnello

Alla fine Gheddafi ha deciso di rompere il silenzio. “Sono in un posto dove non potete raggiungermi”, ha detto il rais in un messaggio audio trasmesso dalla televisione di Stato. Il Colonnello ha anche aggiunto che le bombe della Nato non possono colpirlo perché “mi trovo nel cuore di milioni di libici”. Vedremo se gli esperti confermeranno l’autenticità della comunicazione dopo che avevano messo in dubbio la veridicità della sua precedente apparizione, due giorni fa, sempre attraverso la tv di Stato. “Non abbiamo prove”, ha detto il portavoce militare dell’Alleanza atlantica, Mike Bracken. Vero o falso che sia, Gheddafi nel suo messaggio ha irriso le notizie che lo davano ferito e ha condannato gli attacchi al suo compound nel cuore di Tripoli bollandoli come “vigliacchi”. Nel frattempo la Corte penale internazionale dell’Aja lunedì spiccherà dei mandati di cattura contro tre gerarchi del regime. Alcune fonti sostengono che si tratti dello stesso Colonello, di suo figlio Seif al Islam e del capo dell’intelligence libica Abdullah al Senussi.

Vivo, morto o ferito, il problema è che nessuno sa dove si trovi il Colonnello.  “Tendo ad accreditare come credibile la frase del vescovo di Tripoli monsignor Martinelli – aveva dichiarato il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini – che ci ha detto che Gheddafi è molto probabilmente fuori da Tripoli e probabilmente anche ferito. Non sappiamo però dove”. Alle parole del ministro arrivano però due smentite: la prima dal portavoce del governo del Colonnello, Ibrahim Moussa, che conferma la presenza del rais nella capitale e la seconda dallo stesso monsignor Martinelli, che dichiara: “Gheddafi non è ferito e si trova a Tripoli”. Ma la coalizione internazionale è ottimista. “Ci sono segnali di dissoluzione”, ha aggiunto Frattini, della “apertura di una breccia” all’interno del regime. “Speravamo che la situazione implodesse”, ha spiegato il ministro. Una posizione confermata dalle dichiarazioni della portavoce Nato, Carmen Romero, che parla di “progressi reali” della missione in Libia, con una distruzione significativa “della macchina militare del regime di Gheddafi”. Romero ha parlato poi di “significativi miglioramenti” a Misurata, dove ieri non si sono registrati attacchi ai civili. Il procuratore della Corte penale internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha intanto annunciato che lunedì chiederà tre mandati di arresto nei confronti di altrettanti componenti del regime libico. Secondo l’emittente spagnola Cadena Ser le tre persone nel mirino della giustizia dell’Aja sarebbero lo stesso Gheddafi, suo figlio e il capo dell’intelligence libica. Domani, il primo ministro del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi, Mahmoud Jibril, verrà ricevuto all’Eliseo dal presidente della repubblica francese, Nicolas Sarkozy, per discutere della transizione democratica del Paese.

La Nato e i ribelli continuano a muoversi anche sul fronte militare. Forti esplosioni sono state avvertite a Tajoura, città-satellite a 14 chilometri a est di Tripoli. Non è chiaro se a conseguenza di un raid aereo della coalizione internazionale. L’Alleanza è stata accusata dalla tv di stato libica dell’uccisione di 16 persone e del ferimento di 40, tutti civili, nella città di Brega. Secondo le accuse dell’organo del regime, i bombardamenti avrebbero colpito una foresteria. In tv sono stati mostrati alcuni corpi avvolti in coperte, ma non è chiaro dove siano state girate le immagini. La polizia non ha trovato riscontri e la Nato ha smentito il raid. Sempre da fonti governative arriva poi un’altra dichiarazione: in un’intervista, il viceministro degli Esteri, Khaled Kaim, ha spiegato di non aver intenzione di riprendere con la forza la parte est del Paese, in mano ai ribelli. “Il problema ora è il fattore straniero nel conflitto – ha aggiunto -. Se le forze governative avanzassero, ci sarebbero maggiori combattimenti e dovremmo subire i bombardamenti della Nato”. Che continueranno fino a quando il regime non dichiarerà il cessate il fuoco sul popolo libico. Su questo punto si dicono d’accordo il presidente Usa, Barack Obama, e il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen.

Gli attacchi alla Nato non arrivano comunque solo dal regime libico. Il ministro russo degli Esteri, Sergei Lavrov, ha lanciato nuove dure critiche contro la missione, accusando la coalizione internazionale di colpire obiettivi civili, come ospedali e sedi diplomatiche. “Vi sono troppe violazioni della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu – ha affermato – queste cose sono inaccettabili”. Il capo della diplomazia russa ha aggiunto che anche India, Brasile, Cina e Sudafrica condividono lo stesso parere. Per la Russia, anche un eventuale sblocco di una parte dei beni confiscati a Gheddafi in favore dei ribelli dovrà essere deciso dall’Onu e in nessun caso dovrà essere impiegata per l’acquisto di armi per gli insorti.