Moratti ferma al 49 per cento. Premier pronto a violare il silenzio elettorale con la scusa dello scudetto. Allarme di Pisapia: attenzione alle schede. Il sindaco costretta a corteggiare i grillini e a gridare dal palco: "Viva Bossi". Lo sfidante: "Hanno paura"
Lunedì mattina, invece, a urne ancora aperte (si vota fino alle 15), il Cavaliere sarà a palazzo di Giustizia per l’udienza del processo Mills nei panni di imputato (per corruzione). È la quinta volta in poche settimane che Berlusconi arriva in Procura e finora ha trasformato le udienze in show mediatici, l’ingresso in palco, dove improvvisare comizi politici. L’unica certezza è che non cercherà i voti dei magistrati.
Ma tutto è possibile. Del resto anche ieri ha ripetuto che a Milano si deve vincere subito per “dare forza” all’esecutivo. Mentre Moratti corteggiava il candidato sindaco del Movimento 5 Stelle. In un confronto televisivo il sindaco uscente ha proposto a Mattia Calise di aiutarla, in caso di vittoria, partecipando a un gruppo di under 25 (Guarda il video). Il 20enne ha risposto ironico: “Noi siamo il futuro, in effetti lei potrebbe entrare in un gruppo di lavoro over 60”. Il sindaco ha sorriso, mostrandosi cortese: “Sembra un ragazzo per bene”, ha detto sfuggendo.
Ed è partita verso il tour de force dell’ultima giornata di campagna elettorale. Chiusa venerdì da una conferenza stampa con Giulio Tremonti, incontro pubblico con Ignazio La Russa, aperitivo con concerto organizzato dal Pdl in una via del centro e poi il comizio con Umberto Bossi. Qui l’intoppo. Il senatur aveva garantito la sua presenza per le 18.30. Puntuale Moratti è arrivata, ha temporeggiato, ha parlato dal palco e poi chiuso gridando “viva Milano”. Dei duecento leghisti presenti nessuno ha applaudito. Ed allora ha obbedito alla richiesta di Salvini di aggiungere “viva la Lega, viva Bossi” e le prime file hanno reagito (guarda il video di Franz Baraggino). Ma il capo del Carroccio è arrivato soltanto dopo. Se l’è riportata sul palco, l’ha baciata. Poche parole. Se non per ribadire che “noi stiamo con Berlusconi solo perché ci dà i voti per fare le riforme”. Punto. Mentre Moratti si è lasciata sfuggire un “non ho paura del ballottaggio, sono serena” che tradotto nel linguaggio berlusconiano significa ammissione di debolezza, nervosismo, paura. L’ordine infatti è quello di mostrarsi sicuri del successo al primo turno, di darlo per scontato, certo, acquisito. “Vincerà grazie a noi”, dice Mario Borghezio. “Ha bisogno di uno due punti percentuali, noi contiamo di fare un bel botto qui a Milano, vogliamo almeno una decina di consiglieri (oggi la Lega ne ha solo uno in Comune: Matteo Salvini) e non dico che puntiamo a commissariare la Moratti ma quasi”, afferma. E Bossi, poco dopo, conferma: “Se vince lo fa grazie a noi. Il vicesindaco leghista? È il minimo”. E storce il naso sull’attacco della Moratti a Pisapia.
Lui non parla. Lo fa Salvini: “Non ci interessa chi frequentava, pensiamo al futuro”. Mentre Borghezio si dice convinto che “alzare i toni non è servito a nulla, non porterà nessun voto in più, semmai ne fa perdere qualcuno”. La Lega deve ancora decidere però se sperare in una vittoria al primo turno o andare al ballottaggio per far pesare ulteriormente il proprio sostegno. “Siamo noi che ci siamo alleati con lei non viceversa, sia chiaro” puntualizza Salvini. Che seppur milanista domani molto probabilmente non parteciperà alla festa rossonera. Il Carroccio, del resto, non condivide i toni esasperati di Berlusconi ma nessuno dice niente perché gli uomini della Lega sono convinti che più il premier sfida il Colle e non rispetta le regole elettorali e più voti moderati si sposteranno nelle urne a favore del partito di Bossi. Moderati e di mediazione, i nuovi toni del senatur.
Gli stessi scelti da Giuliano Pisapia. Il candidato sindaco del centrosinistra venerdì sera ha chiuso la sua campagna elettorale con un concerto di Roberto Vecchioni in piazza del Duomo. Ha parlato poco. Citando Martin Luther King con la “feroce urgenza dell’adesso” per motivare la sua decisione di candidarsi. Ha ricordato il sindaco Greppi che, appena finita la guerra, decise di far ripartire Milano dalla ricostruzione di un luogo simbolico, La Scala. E ripetuto le parole del Cardinaln Martini come paradigma di un modello attivo di vera sicurezza sociale: “Chi non è figlio della casa dei diritti non può essere figlio della casa dei doveri”.
Poi la polemica con gli avversari e un appello a fare attenzione ai seggi: “Hanno paura. Dalla Moratti mi aspetto le scuse, solo dopo ritirerò la querela”. Pisapia ha poi espresso riconoscenza a Napolitano, “per il ruolo di garanzia e di stimolo che sta svolgendo da anni affinché il confronto politico si ispiri ai valori della Costituzione”. Insomma, niente slogan, zero nervosismo, nessuna paura e la certezza di andare al secondo turno. Che, per dirla con Pierluigi Bersani, “è già una vittoria”. Nel linguaggio berlusconiano, invece, significa sconfitta. Al quarantanove per cento.
da Il Fatto Quotidiano del 14 maggio 2011
Aggiornato in redazione alle 1.43 del 15 maggio 2011