Ma in Italia la borghesia moderata esiste davvero? Mentre i cittadini vanno al voto, il futuro politico di Silvio Berlusconi ruota in gran parte intorno a questa domanda. Infatti se questa borghesia esiste, o se almeno esiste a Milano, i giorni a venire potrebbero essere difficili per il presidente del Consiglio.
Lo scandalo prostituzione minorile, le battute da caserma, le promesse oscene (“stop all’abbattimento delle case abusive”) e i continui e sguaiati attacchi a tutte le istituzioni di garanzia, rendono almeno sulla carta Berlusconi incompatibile con i valori cattolici e/o liberali che in Europa caratterizzano l’elettorato borghese e moderato. E se fino a ieri la cosa poteva benissimo non preoccupare il premier, visti i larghi margini di vantaggio con cui si è aggiudicato le passate tornate elettorali, da qualche mese a questa parte la situazione è diversa. O almeno è diversa all’ombra della Madonnina.
Qui, nel campo di battaglia scelto dal Cavaliere come piazza dove giocare il proprio destino, è possibile che tutto si risolva per una manciata di voti. Non quelli (molti, a detta dei sondaggi) che separano Letizia Moratti dallo sfidante Giuliano Pisapia, ma quelli (pochi) che potrebbero dividere il sindaco uscente dall’agognata soglia del 50 per cento. Nel 2006 infatti, quando ancora Udc e An correvano compatte con lei, il primo cittadino vinse con il 51,9 per cento dei consensi. Un’inezia che spinge più di un osservatore a una riflessione: se la cosiddetta borghesia moderata non va a votare, o se sceglie il nascente terzo polo, la Moratti andrà al ballottaggio.
Dal punto di vista teorico l’ipotesi non è peregrina. La borghesia milanese non può essere considerata disinformata. I giornali li legge, è abbonata alle pay tv, naviga molto su internet. Ha cioè in mano tutti gli strumenti necessari per farsi un’opinione su quanto è accaduto negli ultimi mesi.
Eppure tutto questo non basta per credere che realmente il Cavaliere perderà a Milano. Non per niente nel Pdl c’è chi è ottimista.
Per due ragioni. La prima: è vero che i delusi da Berlusconi sono molti. Ma tanti sono pure i delusi dal centro-sinistra. Pisapia è stato protagonista di una bella campagna elettorale. Ma è ancora tutto da dimostrare che sia stato in grado di accendere i cuori tra chi di questa politica non ne vuole più sapere. O che davvero il referendum proposto dal Cavaliere (o con me o contro di me) abbia spinto a muoversi gli indecisi dello schieramento avverso.
Seconda ragione: a Milano, più ancora che nel resto d’Italia, la borghesia moderata potrebbe non esistere. Esistono, è vero, i borghesi (tantissimi). Ma in passato si sono rivelati più conformisti che moderati.
Durante il ‘900 la borghesia milanese è stata prima fascista e poi antifascista, prima (in parte) di estrema sinistra e poi (in toto) anticomunista, prima craxiana e poi anti-craxiana. Insomma, salvo una sparuta ma ben visibile minoranza, è sempre stata al fianco di chi appariva più forte. E sotto le guglie del Duomo, anche per motivi economici legati alle sue numerose aziende, Berluscon, rimane il più forte. In una competizione normale tra Moratti e Pisapia lo sfidante potrebbe legittimamente sperare di spuntarla. Ma se la partita è tra Berlusconi e Pisapia, il quadro cambia. E di molto.
Per questo (ma non solo) il Cavaliere ha scommesso su Milano. È convinto che la borghesia sia rimasta quella di sempre. Pensa che alla fine, nonostante tutto, in pochi lo tradiranno. E, a questo punto, per sapere se ha ragione basta aspettare. A parlare, lunedì dopo le 15, saranno solo le urne.