A Saluggia si trova l’85 per cento delle scorie radioattive italiane. Da 30 anni stanno a due passi dalla Dora Baltea e a 1,5 km dal più grande acquedotto del Piemonte. I rischi di contaminazione sono enormi, ma l’unico piano di emergenza disponibile è tenuto segreto. Ecco perché le associazioni Legambiente e Pro Natura hanno diffidato gli enti locali
A Saluggia l’impianto Eurex e il deposito Avogadro contengono l’85% delle scorie radioattive italiane. Sono principalmente in forma liquida e da 30 anni si trovano a due passi dalla Dora Baltea e a 1,5 km dal più grande acquedotto del Piemonte. Secondo molti esperti, i rischi di contaminazione sono enormi. Carlo Rubbia, dopo l’alluvione che nel 2000 sommerse parte dei depositi, affermò che si era sfiorata una “catastrofe planetaria”. Saluggia ospita anche 5 kg di plutonio: una quantità sufficiente a uccidere 50 milioni di persone. Spostandosi a Trino ci si imbatte nella ex centrale nucleare “Enrico Fermi”, ora in fase di smantellamento: un’eredità dell’atomo che pesa sulle bollette degli italiani 400 milioni di euro all’anno. È inattiva dal 1987, ma continua a rilasciare radioattività, sia in atmosfera che nelle acque del Po. Nonostante i rischi coi quali la popolazione convive, l’unico piano di emergenza disponibile è tenuto segreto. Ma la Legge Reg. n.5 del 18 febbraio 2010 impone che “la Regione ed i comuni interessati, senza che i cittadini ne debbano fare richiesta, assicurano preventivamente alla popolazione l’informazione sulle misure di protezione sanitaria” ed il comportamento da adottare in caso di emergenza. Un silenzio illegale, quello degli enti locali. Che, ora, ha portato le associazioni Legambiente e Pro Natura a diffidare la Regione Piemonte e i comuni di Trino e Saluggia.
Regia di Stefano Cavallotto