Il primo turno delle elezioni amministrative restituisce al centrosinistra una vittoria con molti vincitori e al centrodestra una sconfitta tutta di Silvio Berlusconi. Lui che aveva trasformato la tornata elettorale in un referendum sulla sua persona si trova ad un terzo dello scrutinio con 8600 preferenze, a fine spoglio saranno più o meno la metà delle 53mila che voleva. E con il gradimento se ne vanno le città. Milano va al ballottaggio, con l’incredibile 48% di Pisapia. La Moratti, che non va oltre il 42%, si limita in tarda serata a dichiarazioni di circostanza: “Il voto è un segnale forte che dobbiamo saper cogliere. Ci vuole una nuova politica del centrodestra”. Disastro per Lassini. L’autore dei manifesti anti-pm si ferma al momento a poche centinaia di preferenze. E non finisce qui. La Lega, “stupita” per dirla con Bossi del risultato, si ferma nel capoluogo lombardo ad un misero 9%, meno 4% rispetto alle regionali. Boni non fa misteri: “Abbiamo perso due a zero”. Salvini è ancora più chiaro: “Nei prossimi 15 giorni parliamo della città, non delle Br”.
E nel centrodestra comincia la resa dei conti prima ancora che sia finito lo spoglio. Se i big tacciono, dentro al partito c’è chi dà la colpa alla strategia aggressiva del premier, chi spara sulla Lega. E chi, come Gasparri e Verdini, ammette debolmente il forfait ma preferisce guardare alla pagliuzza in casa del centrosinistra piuttosto che la trave in casa propria. Berlusconi, dal canto suo, non si mostra e non parla ufficialmente, ma dall’entourage trapelano l’insoddisfazione e l’irritazione verso Pisapia, da un lato, e la Lega dall’altro. Il premier è seccato per i continui distinguo del Carroccio, e un confronto a due con Bossi diventa inevitabile. Persino ad Arcore, a casa del Cavaliere, il Pdl non tiene e si presenterà al ballottaggio sconfitto al primo turno dal Pd.
Nel centrosinistra, del resto, tutti festeggiano la vittoria. A partire dal segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani, che in conferenza stampa ha commentato il “boomerang” della strategia del centrodestra. Pisapia dal canto suo si presenta due volte davanti ai giornalisti. Quasi intimidito dal successo sorride di continuo e poi dice sicuro: “Manca un piccolo passo, vinceremo sicuramente”.
E oltre a Milano, il Pd si prende Torino con Fassino che vola – a metà scrutinio – al 57% dei voti. Bene Trieste, dove il centrosinistra va al ballottaggio e il Pd è il primo partito in città con il 22%. Bene Cagliari, dove dopo anni di strapotere del centrodestra, le due coalizioni vanno appaiate al ballottaggio. Bene, nel male, anche Bologna. Il candidato delle gaffe, Virginio Merola, si gioca la vittoria al primo turno all’ultimo voto. Mentre chi gioisce pesantemente è il Movimento 5 stelle: 3,5 per cento a Milano, 5 per cento a Torino. Dieci per cento a Bologna.
Male, per il centrosinistra, va veramente solo Napoli. Morcone si ferma attorno al 20%. De Magistris prende il 25% e va al ballottaggio contro il debolissimo Lettieri, che rimane attorno al 40% e non sfonda, neanche dopo 5 anni di emergenza rifiuti, neanche dopo la confusione delle primarie e le fratture interne al centrosinistra. Il candidato Idv parla di “successo incredibile”. Morcone, chapeau, si limita a dire che evidentemente il suo rivale/alleato ha “raccolto più credibilità” di lui. Resta da vedere cosa il Pd deciderà di fare tra 15 giorni, quando l’unità della coalizione sarà fondamentale per non regalare la città al centrodestra, laddove il centrodestra non è riuscito a vincere da solo.
Se a Napoli Pd e Idv rischiano la frizione, è spaccatura annunciata dentro al terzo polo. Ridimensionato, non determinante a Milano, a Torino, a Bologna, sorpassato spesso dal 5 stelle nei comuni maggiori, il connubio Fli, Api, Udc incassa voti pesanti solo a Napoli, dove si attesta intorno al 10%. E se Bocchino parla apertamente di“fine del berlusconismo”, dentro a Futuro e Libertà già si vede la spaccatura di fronte alla scelta da tenere al ballottaggio. Urso e Ronchi, colombe del partito di Fini annunciano: mai con la sinistra al ballottaggio. Della Vedova nicchia. Lo stesso Bocchino interviene per dire che si farà quel che si deve. Alla fine il partito veleggia verso la libertà di voto che nasconde l’incapacità di decidere per non uccidere quel che resta del progetto.
L’affluenza generale – La percentuale dei votanti è stata del 71,09% per le comunali e di circa il 59,63% per le provinciali, con un calo medio di circa l’1,5%%.
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