"Gli elettori scelgono altre priorità, molti hanno un problema di sopravvivenza. E se Milano, Torino e Napoli hanno proposto dei temi su cui discutere, Bologna in questo non è stata capace"
“La politica in questo Paese è sempre meno interessante e dunque gli elettori scelgono altre priorità. Tra queste danno rilevanza ai problemi di sopravvivenza dato che questo non mi sembra un Paese in cui si vive bene. In più, se posso essere brutale, piove. Sta piovendo in molte zone d’Italia e persino Pasquino, elettore dotato di alto senso civico, non è ancora andato a votare”.
Ma la pioggia può essere un deterrente così efficace? “Rispetto al dato di mezzogiorno, certo. Direi quindi di aspettare un po’ di sole”.
D’accordo, le condizioni atmosferiche non incentivano i cittadini a uscire di casa, almeno fino a fine mattinata. Ma che dire dei temi trattati in campagna elettorale? “Guardi, questo è un argomento da giornalisti. Come si fa a parlare della campagna elettorale in tutti i Comuni? Ogni Comune ha le sue specificità, in alcune zone c’è stato un dibattito vero, come a Milano, a Napoli e a Torino, dove le probabilità che vinca Piero Fassino sono elevatissime. A Bologna, invece, la campagna è stata di una noia assolutamente entusiasmante”.
E prosegue il politologo: “È difficile convincere alla mobilitazione quegli elettori che vedono solo una crisi quanto meno decennale. Per chi dovrebbero mobilitarsi? Per l’affascinante Virginio Merola? O per vedere se la Lega Nord supera il Pdl a Bologna? Immagino che molti di loro rispondano ‘non me ne importa proprio nulla‘. E quindi non è la mancanza di un programma o di una tematica nazionale a difettare, sono le realtà locali. Qui occorrerebbe saperne molto di più però. E nemmeno gli analisti conoscono quel ‘molto di più’. Tuttavia, se Umberto Bossi ha investito così tanto su Gallarate per far vincere la sua candidata e se qualcuno ha investito così tanto su Dorina Bianchi per farla diventare sindaco di Crotone, allora bisognerebbe guardare quanti hanno votato, ma certo non basta mezzogiorno. Bisogna aspettare domani alle 15”.
Per Mauro Zani, una lunga carriera del Pci-Pds che lo ha portato prima in parlamento (facendo parte anche della commissione stragi) e poi in Europa, nel 2007 non ha aderito ai Ds e si è allontanato dalla politica attiva in aperto conflitto con il centro sinistra. “Il crollo di affluenza lo davo e lo do per scontato. Mi pare che il partito di maggioranza relativa, erede del sistema storico del ‘buon governo’, ha sbagliato il candidato per tre volte consecutive e poi si è fatto commissariare. In una situazione di questo genere, mi sembra evidente che molta gente possa decidere di non esercitare, almeno al primo turno, il proprio diritto di voto. È normale”.
“Inoltre”, prosegue Zani, “non ho notato a Bologna un particolare confronto sui problemi reali della città, niente che possa appassionare. Siamo di fronte a un disincanto che dura dal 1999 la cui deriva è imprevedibile. Mi auguro che alla fine prevalga la politica del turarsi il naso. Ma occorre turarselo con tutte e due le mani e poi magari si andrà pure dall’otorino”.
Come rilanciare il dibattito politico a Bologna e tornare a parlare con i cittadini? “Togliendo di mezzo il pacco di ferro e cemento ideato da amministrazioni sconsiderate. Parlo del Civis, del People Mover, del metro. Quest’ultimo lo hanno già tolto di mezzo, ma faceva comunque parte del programma della giunta di Sergio Cofferati. Inoltre occorrerebbe pensare che un grande paesone come Bologna possa diventare un giorno una città metropolitana ben ordinata. Questa sarebbe la cosa da fare, non particolarmente impegnativa, che non richiede un ingegnere del pensiero”.