Diciotto anni dopo la grande speranza suscitata da Nando Dalla Chiesa – sconfitta dalla Santa Alleanza  di poteri forti e istinti deboli che si formò attorno alla Lega per salvare Milano dal “comunismo” – pedalo verso la mia casa milanese nella notte fresca di luna piena. Si chiude un ciclo negativo, la passione e la mobilitazione che ho visto attorno a Pisapia sono paragonabili forse soltanto a quella primavera del ’93. Ma  questa volta al ballottaggio non arriviamo come allora con la sorpresa di un risultato molto più basso del previsto, ma al contrario con un vantaggio che nessuno aveva messo nel conto. Più di 40 mila voti di vantaggio, più di 6 punti percentuali. E’ un vantaggio omogeneo in tutta la città, tanto che persino nel centro storico il presidente di zona sarà di centrosinistra. Cosa è successo?

Il buon risultato di Pisapia e del centrosinistra non è stato sorprendente nè imprevisto: abbiamo vissuto per mesi un impegno costante, quasi martellante. Ogni tanto c’era il timore che fosse un grande movimento rivolto a se stesso, con tutte le serate, gli incontri, le cene tra di noi e i nostri amici.

I risultati confermano che tutte le sfumature di centrosinistra e sinistra si sono unite in un amalgama solido. Ma rimanendo se stesse. Avevamo preso 320 mila voti nel 2006 con il candidato sindaco Ferrante. Ne prendiamo 316 mila nel 2011 con Pisapia. La popolazione si è leggermente ridotta, quindi gli attuali 316 mila valgono l’1 per cento in più dei 320 mila di 5 anni fa. Non hanno votato per il centrosinistra le figure sociali antropologiche della destra, le “macchiette” della base sociale berlusconiano-leghista. Venerdì sera mi guardavo attorno intensamente nella piazza piena per Vecchioni in Duomo. “Perché questa lunga notte dovrà pur finire”. Facce diverse, in genere sconosciute, non il giro ristretto dell’attivismo politico, varie generazioni, facce serie e intense, ma facce di centrosinistra. Erano seri e preoccupati perché  – come capitava anche a me – non sapevano bene cosa stava succedendo nel campo avverso.  La rimonta? La compra dei voti? Lo sfondamento invece è avvenuto proprio nel campo berlusconiano. Da 353 mila voti del 2006  la Moratti scende a 273 mila. Sotto il 42%. Un risultato così basso non era previsto.

E le schede con voto incrociato Lega-Pisapia che gli scrutatori raccontano di aver visto qua e là sono solo una metafora di quel che sta succedendo, non un fenomeno statisticamente rilevante. La Lega ha perso in voti (meno 17.500) e percentuali, rispetto al risultato in città delle regionali dell’anno scorso, non meno del Pdl (meno 15 mila). A una prima occhiata sono voti rimasti a casa, andati al Terzo polo e un po’ dappertutto, insomma sono la crisi tanto attesa e così ben mascherata fino all’ultimo. Fino a quando sono arrivate alla nostra festicciola preelettorale nel cortile dei Navigli, sabato sera, le voci dei sondaggi con la Moratti al 49%. Quelle voci che mi facevano temere che le sue liste avrebbero potuto superare il 50%, bloccando il premio di maggioranza alle liste di Pisapia. Macchè 49%. Gli elettori mentivano ai sondaggi, o ci arrivavano solo i peggiori. Non è in qualche gaffe dell’ultima settimana che va cercata la ragione di questa crisi del centro-destra. Né in qualche inefficienza comunale, penso mentre percorro rassicurato alcune delle nuove piste ciclabili inaugurate dalla Moratti nelle ultime settimane. Sembra una crisi seria.

Affrontiamo il ballottaggio senza ansia ma senza perdere un colpo. Chiedendo di tornare a Milano a tutti gli amici e i conoscenti che sono o risiedono all’estero – che forse non sanno che se tornano possono votare. Che vengano a partecipare alla sconfitta del berlusconismo.

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