Nel 2006 il presidente del Consiglio aveva raggiunto quota 52.577, questa volta si deve accontentare di poco meno di 28mila voti
Alla fine non è servito a nulla invocare il giudizio divino. Anzi. Presentarsi in tribunale per cinque lunedì filati per la gioia dei comitati “Silvio resisti!”, arringare le folle con il solito repertorio “magistrati-cancro-pm-eversivi”, non prendere mai le distanze in modo chiaro da Roberto Lassini, inventore dei manifesti “via le Br dalle procure” (e anzi farlo sfilare sul pullman scoperto davanti a quello del Milan), presenziare alla festa del Milan pur in silenzio elettorale, ebbene, tutto questo non è servito, anzi ha danneggiato il Cavaliere. E per la prima volta dal 1992 i cittadini milanesi sembrano guardare al centrosinistra con speranza.
Il 7 maggio presentandosi al Palasharp per sostenere la candidatura di Letizia Moratti, Silvio Berlusconi aveva azzardato una richiesta rivolgendosi direttamente gli elettori milanesi: “Datemi 53mila preferenze oppure la sinistra mi farà il funerale. E’ inimmaginabile che una città come Milano vada alla sinistra”. Era, come la chiamava Libero, la “chiamata alle armi” per : “vincere al primo turno” con “la migliore amministrazione locale in Italia”. Lo scopo era raggiungere, possibilmente superare le 52.577 preferenze raccolte nel 2006. Ma a urne chiuse, il premier si deve accontentare di poco più della metà (27.972), secondo i dati definitivi forniti dall’ufficio elettorale del Comune di Milano. E Lassini? Il presidente dell’associazione “Dalla parte della democrazia” che il 17 aprile rivelava al Giornale di essere l’autore della “crociata” contro i magistrati “per dare manforte a Berlusconi, ha preso solo 872 preferenze. Niente, un fallimento completo. E pensare che domenica l’avvocato vessato dalla giustizia se ne stava, avvistato dall’Ansa, sul pullman che ha preceduto quello dei calciatori del Milan nei festeggiamenti per lo scudetto. All’inviata di Porta a Porta Lassini raccontava di quanto fosse commosso dalla telefonata di Berlusconi: “Mi ha espresso profonda solidarietà, mi ha convinto ancora di più a continuare nella battaglia a sostegno della riforma che solo il presidente Berlusconi potrà fare”.
Con il 28,75% dei consensi il più importante partito del centrodestra resta il più votato in città ma è la vittima più illustre del deludente risultato di Letizia Moratti: in un anno ha perso quasi 8 punti (era al 36% alle regionali) e ben 12 dalle scorse comunali quando Fi e An totalizzarono il 40,9%. Nella gara delle preferenze il vicesindaco Riccardo De Corato resta il secondo più votato (5.786 voti), seguito dal cielllino Carlo Masseroli con 3.406.
Deludente invece il risultato di Marco Osnato: il pupillo del ministro La Russa siederà in consiglio comunale ma come nono con appena 1.651 preferenze. Il risultato di De Corato appare ancor più opaco se paragonato a quello del suo eterno rivale, il leghista Matteo Salvini che lo ha distaccato di 4 mila preferenze (8.913). Del resto l’elettorato del Carroccio ha concentrato tutte le preferenze proprio sull’eurodeputato, visto che il secondo eletto, Max Bastoni, ne ha raggranellate appena 602. Eppure anche la Lega con il suo 9,64% ha poco da gioire: rispetto al 2006 ha sì triplicato i voti (era al 3,8%) ma a Milano è arretrata di cinque punti rispetto alle regionali di un anno fa.
Sul fronte opposto, l’architetto Stefano Boeri, sconfitto da Giuliano Pisapia alle primarie, si afferma non solo come il più votato dopo Berlusconi (12.861), ma anche come il candidato che trascina il Pd a un risultato senza precedenti. Con un 28,64% i democratici hanno guadagnato due punti dal 2010 e quasi sei dalle scorse comunali. Dopo Boeri a fare incetta di voti tra i democratici il giovane Pierfrancesco Maran, sponsorizzato da Filippo Penati, l’ex verde Carlo Monguzzi e Pierfrancesco Majorino. Sugli scudi anche Sel (4,7%) e il cartello delle sinistre (3,1%) che confermano i voti presi dall’ala radicale nel 2006 ma a cui si aggiunge la buona performance della lista civica di Pisapia (3,86%). Al palo invece i dipietristi dell’Idv (2,54%) che in un anno perdono a Milano cinque punti e i radicali (1,72%). Nel Terzo Polo la palma di più votato va al centrista Pasquale Salvatore anche se potrebbe avere più chance di entrare in consiglio l’“anti-Minetti” Sara Giudice, visto il miglior risultato della lista civica di Fli e Api (2,69%) rispetto all’Udc (1,9%). Sul fronte delle preferenze i candidati più chiacchierati o dai nomi più roboanti si sono rivelati generalmente dall’appeal elettorale poco incisivo. Pessimo il risultato di Roberto Lassini (Pdl), l’autore dei manifesti anti-pm (872 voti); lo storico leader dei Radicali Marco Pannella ha recuperato 58 voti, la cantante Ornella Vanoni, in corsa per Letizia Moratti, ne ha presi 36.
Insomma, se ci attenessimo al linguaggio del premier, verrebbe da dire: “pubblici ministeri uno, Berlusconi zero”.