L’immagine di Vincenzo De Luca è una variabile chilometrica. Più ci si allontana dalla sua Salerno, più si deteriora. Colpa di quei ‘giornalisti pipì’ – così il sindaco Pd più votato d’Italia, quasi il 75% al primo turno, definisce gli esponenti della carta stampata che non si allineano al suo verbo – e del loro insistere nel raccontare le inchieste e i processi in cui è coinvolto, storie di varianti su aree industriali dismesse, che vedono implicato pure il candidato Pdl di Napoli, Gianni Lettieri. Visionato attraverso la lente giudiziaria, De Luca non risplende, prevalgono le ombre. Disse di lui l’europarlamentare Luigi De Magistris opponendosi alla sua candidatura a Governatore: “Chi ha letto le carte di quelle inchieste sa che De Luca è accusato di essere al centro di un crocevia di interessi illeciti tra politica e imprenditoria sull’utilizzo dei finanziamenti pubblici e delle risorse europee. La Campania non può ripartire da De Luca”. Ma a Salerno è tutta un’altra storia. Le questioni tra De Luca e la magistratura non intaccano le opinioni dell’elettorato cittadino. Che lo premia con un’elezione plebiscitaria, incantato dai progetti redatti dalle archistar che il sindaco ha chiamato da mezzo mondo per ridisegnare Salerno da capo a piedi: Ricardo Bofill per il Crescent di piazza della Libertà, Santiago Calatrava per la Marina di Arechi, David Chipperfield per il Palazzo di Giustizia, Jean Nouvel per il recupero dell’ex pastificio Amato, Zaha Hadid per il terminal marittimo, Massimiliano Fuksas per un progetto di riqualificazione. In questo Dream Team dell’urbanistica c’è mancato poco che entrasse pure Frank O. Gehry. De Luca voleva affidargli il nuovo termovalorizzatore “ma ha sparato una cifra assurda” e allora addio e buona fortuna all’uomo del Guggenheim di Bilbao.
Secondo i pareri raccolti per strada colloquiando con gli analisti dei media locali, De Luca piace e stravince perché sta raccogliendo i frutti del piano regolatore firmato nel 2003 da un altro architetto di grido, Oriol Bohigas. Un piano che peraltro risale a quando il primo cittadino non era lui, ma l’ex segretario personale Mario De Biase, messo lì a scaldare il posto in attesa del suo ritorno e solo perché la legge impone uno stop dopo due mandati consecutivi. A Salerno ci sono 102 cantieri aperti. Nell’ultima settimana pre elettorale il sindaco ne ha aperti o chiusi otto. Altri due li ha inaugurati tra il martedì e il mercoledì successivo al voto. Una sorta di consuntivo di fine amministrazione. Ma il successo parte da lontano. In ogni quartiere – spiegano i suoi sostenitori – ci sono parcheggi, servizi, giardini, infrastrutture. E’ possibile lasciare l’auto a cinque minuti a piedi dal Comune o dalla Provincia pagando un euro ogni tre ore. I bassi del centro storico ripulito dallo spaccio e dalla microcriminalità sono stati riconvertiti in locali e localini della movida, raddoppiando il loro valore immobiliare. “A Napoli – spiega un salernitano che sorseggia un caffè al bar 089 – si discute sulle cose che si dovrebbero fare e non si fanno mai. A Salerno si discute sulle cose che si sono fatte o che si stanno facendo”. Va più a fondo il sociologo Amato Lamberti, ex presidente della Provincia di Napoli in quota Verdi e residente a Salerno dal 1956: “Il segreto del successo di De Luca? Ma lei ha fatto un giro per Salerno? Strade, alberi che prima non esistevano, slarghi, fontane. Nessun sindaco è stato capace di fare per la sua città quel che De Luca è riuscito a fare per Salerno”. Vogliamo trovargli un difetto? “Non sono d’accordo sulle sue politiche ostili verso i rom e gli extracomunitari, ma De Luca è entrato in sintonia con l’animo sostanzialmente borghese dei suoi concittadini”. Concittadini che gli perdonano anche il linguaggio da osteria, come quando definì Marco Travaglio “uno sfessato”, consigliò al mite Padre Alex Zanotelli “di andare ad insegnare il catechismo, meriterebbe una denuncia all’autorità giudiziaria”, dichiarò al Riformista che lui, i rom “li prenderebbe a calci nei denti”, e liquidò gli oppositori al Crescent, la cui denuncia gli è costata un’inchiesta per abuso d’ufficio ancora in corso, come “appartenenti al comitato della difesa dei fringuelli e dei pinguini”.
Secondo Lamberti “il disegno amministrativo di De Luca è un modello che può essere replicato altrove. E’ quello di un sindaco che ha in mente un’idea di città e chiama le persone migliori per realizzarla. Però cautelandosi prima”. Come? “Facendo eleggere un consiglio comunale fatto di persone sue e solo sue, che fanno quel che dicono lui, al contrario di quel che è accaduto a Napoli con la Iervolino paralizzata dalla sua incapacità di gestire il consiglio comunale, che non si riuniva o le bocciava le delibere”. La ricetta deluchiana per blindare l’aula è semplice: schierare alle amministrative la sua lista civica storica, ‘Progressisti per Salerno’ (esiste dal 1993), farla accompagnare da altre civiche composte dai suoi fedelissimi, e imporre al suo partito, ieri i Ds, oggi il Pd, di non presentarsi. Chi vuole candidarsi con De Luca, deve trattare direttamente con lui. E tanti saluti al ruolo di indirizzo che un partito dovrebbe esercitare verso i suoi rappresentanti nel Palazzo. Il centrodestra? Ieri fagocitato, accusato di consociativismo. Oggi semplicemente annichilito. La candidata Pdl Anna Ferrazzano, che ha definito De Luca “Pinochet”, non supera un deludente 17% a dispetto di una Provincia e di una Regione colorate di azzurro. “Faremo un’opposizione inflessibile, ma sarei bugiarda se dicessi che non mi aspettavo qualcosa di più dalle urne”.
Ed è caduta nel nulla di percentuali irrisorie, la polemica sulla questione morale scatenata da Antonio Di Pietro. Il leader di Idv ha rinfacciato a De Luca di aver ceduto al “modello berlusconiano della giustizia” rimangiandosi la promessa di rinunciare alla prescrizione nel processo sulla discarica di Ostaglio (era stato condannato in primo grado). Una promessa fatta quando De Luca chiese e ottenne di essere appoggiato dal partito dell’ex pm di Milano nella sfortunata corsa a presidente della Campania nonostante lo status di plurinquisito. Stavolta Di Pietro ha sfilato Idv dal centrosinistra, gli ha candidato contro l’avvocato Rosa Masullo, e due giorni prima del voto ha fatto un giro tra le bancarelle del mercato del Torrione: “L’anno scorso ho sbagliato a sostenerlo, ai salernitani dico non fidatevi di De Luca”. “Sì, infatti, non ci fidiamo, ma di te” gli ha risposto un gruppo di ambulanti. E la Masullo è rimasta fuori dal consiglio.
Ora De Luca si gode una rivincita dopo quelle sfortunate elezioni regionali che parevano averne ridimensionato le ambizioni. Vincere così attira le telefonate di complimenti di Bersani e Montezemolo. Il quotidiano salernitano “La Città” cita una sua intervista al “Corriere della Sera” e commenta: “La stampa nazionale inizia ad accorgersi che in Italia c’è un sindaco con una percentuale del 74,4%”. A dire il vero è più o meno la stessa con cui vinse nel 1997. Altri tempi. Allora De Luca venne oscurato da un altro successo bulgaro. Ottenuto a meno di cento chilometri di distanza da un altro amministratore che si annunciava come una grande promessa dell’Ulivo e un potenziale leader nazionale: il sindaco di Napoli Antonio Bassolino.