La stanza di Dominique Strauss-Kahn al Rikers di New York non ha nulla a che vedere con quella da tremila dollari del Sofitel. Perché il Rikers è un carcere, di quelli veri, con sveglia alle 6, pranzo alle 11 e cena alle 5. Niente incontri e un’ora “libera” al giorno. Un inferno come tutti gli inferni dietro le sbarre. O perlomeno, come posso immaginarmelo io, che mi sento soffocare al solo pensiero di non riuscire ad alzare lo sguardo e vedere il cielo, ogni qualvolta ne abbia voglia. Probabilmente, svegliandosi, Dominique avrà voglia di tornare a dormire perché l’incubo di quella stanza sarà peggiore di quelli fatti ad occhi chiusi.

Eppure, poche sere prima, un’altra stanza, ampia e lussuosa, nel cuore della New York delle mille luci, sarebbe diventata, come dicono gli accusatori, l’incubo per una donna di 32 anni, africana, cameriera e musulmana. Una donna di cui la stampa americana, per senso di protezione, non dà generalità (già svelate invece dalla stampa francese) né descrive nel suo aspetto fisico. Che abbia le tette grandi, un bel sedere e che non sia per nulla attraente lo scopriamo (come segnala Laila Lalami nel suo editoriale per il Daily Beast) ancora una volta dai giornali francesi. Secondo la sua denuncia, e i primi riscontri che le darebbero ragione, la donna è stata costretta ad un rapporto orale e anale, dallo stesso Dominique, uomo ricco e potente, possibile prossimo presidente francese.

Quella che si è scatenata intorno alla vicenda è una vera e propria querelle culturale, con i francesi da un lato, pronti ad attaccare il sistema giudiziario americano, e la stampa che ha “osato” mostrare le immagini di Dsk con volto patito, barba lunga e manette ai polsi e, dall’altro, chi dice (americani e no) che la legge è uguale per tutti e così anche il trattamento riservato a chi sembra averla infranta in maniera così disgustosa. Gli americani, inoltre, rispondono alle accuse relative al mancato rilascio su cauzione, con un solo nome: Roman Polanski.

Ora, da italiana, chissà perché mi viene da dar ragione a chi è convinto che in Francia (ed in Italia, aggiungerei) un fatto del genere sarebbe stato messo a tacere subito e Dsk se la sarebbe cavata con uno spavento. Forse. O forse nemmeno quello. Siamo onesti, quanti di noi, al posto della cameriera africana dell’hotel, si sarebbero sentiti di sporgere denuncia di stupro se a commetterla fosse stato un uomo così famoso e così potente? Quante donne conosciamo (ma anche uomini) che subiscono molestie sessuali sul lavoro e non lo denunciano per paura e per la certezza che non cambierebbe nulla?

Se Dominique Strauss-Kahn è innocente, i suoi avvocati (che hanno cambiato già due volte la versione dei fatti) lo aiuteranno a dimostrarlo e il mondo gli chiederà scusa (e i francesi lo eleggeranno Imperatore, come minimo). Se è colpevole, però, come tutto sembra dimostrare finora, le donne, almeno da questo lato dell’oceano potranno sentirsi meglio a sapere che certe cose non sono tollerate né tollerabili, nemmeno, anzi soprattutto, se a commetterle è un uomo il cui potere gli ha mandato in corto circuito, partendo da sotto la cintola (che non indossava), tutto il resto.

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