Meno male che secondo il centrodestra, la campagna elettorale in vista del ballottaggio per le comunali milanesi doveva cambiare faccia in nome di un atteggiamento più moderato e vicino ai problemi della città. Passano meno di tre giorni e Umberto Bossi cosa fa? Ridà fuoco alle ceneri attaccando frontalmente Giuliano Pisapia, candidato del centrosinistra e vincitore al primo turno sotto la Madonnina. “La Lega – ha attaccato il senatùr – si impegnerà per non lasciare Milano in mano a un matto che vuole riempirla di moschee e zingari”.

Dichiarazioni rese dopo l’incontro a Palazzo Grazioli durante un faccia a faccia con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Un incontro che “è andato bene”, secondo il leader del Carroccio. Che sancisce la tregua fra i lumbard e il Pdl dopo la debacle elettorale almeno fino al 30 maggio. Quando, dati alla mano, si capirà chi governerà Milano per i prossimi cinque anni. Al riguardo Bossi è certo che “i milanesi non daranno la città in mano agli estremisti di sinistra” e ha confermato che la base del partito è con la dirigenza leghista. Ma il microfono aperto di Radio Padania, vero termometro degli umori dei militanti lumbard, continua a rimanere misteriosamente chiuso.

Il numero uno del Carroccio ha parlato anche delle conseguenze del voto meneghino sulla tenuta del governo nazionale. “Reggerà”, dice, confermando che la Lega non farà scherzi e non ascolterà le voci sempre più insistenti che invitano la dirigenza a staccare la spina all’esecutivo. Una posizione diametralmente opposta all’atteggiamento dei giorni scorsi quando, dopo due giorni di gelido silenzio post-elettorale, il capo della Lega tuonava: “Noi non ci faremo trascinare a fondo”.

La notte deve avergli portato consiglio, dato che, mentre Berlusconi incontrava Vittorio Sgarbi e il suo staff  “per un bicchiere” dopo la disastrosa performance televisiva, Bossi ingranava la retro su tutti i problemi politici che il voto milanese ha messo in luce.

A chi gli chiede se ci sia uno strappo fra Berlusconi e la Lega, Bossi risponde un secco “No”, anche se subito dopo serve un assist a Giorgio Napolitano che al presidente del Consiglio non deve essere piaciuto. Ai cronisti che gli chiedevano cosa pensasse della richiesta del Capo dello Stato di una nuova verifica parlamentare dopo l’ingresso al governo dei Responsabili (invito che il premier ha rimandato seccamente al mittente), il Senatùr ha risposto che se il presidente della Repubblica la chiede a lui sta bene. “Di verifiche ne abbiamo fatte già tante, ma se la chiede Napolitano, lui è il capo, la faremo”.

Peccato che ieri il governo in Aula sia andato sotto ben cinque volte e che I Responsabili, che dal 14 dicembre sono la vera stampella dell’esecutivo, si siano divisi. Segnali che confermano come la verifica chiesta da Napolitano non sia al riparo da rischi. E Bossi lo sa bene. “Quello che è accaduto ieri non si ripeterà più – commenta il Senatùr – ma le bizze dei responsabili sono problemi che devono essere risolti adeguatamente”.

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