Due anni di reclusione al senatore Marcello Dell’Utri per tentata estorsione. E’ la condanna chiesta oggi il procuratore di Milano, Isabella Pugliese, che ha chiesto ai giudici della corte d’Appello di tenere conto anche della condanna definitiva a 2 anni del senatore per un giro di fatture false e soprattutto di quella a 7 anni decisa dalla corte d’appello di Palermo per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. “Dell’Utri anche in questa vicenda ha utilizzato i suoi rapporti mafiosi per mettersi in contatto con Virga”, ha spiegato il sostituto. Il senatore è accusato – in concorso con il boss mafioso Vincenzo Virga, detenuto in regime di 41 bis – di tentata estorsione nei confronti dell’imprenditore siciliano Vincenzo Garraffa, ex patron della ‘Pallacanestro Trapani’. L’accusa ha anche richiesto ai giudici di non concedere all’imputato le attenuanti generiche, perché “non può contare il fatto che adesso è un senatore della Repubblica”.

Garraffa aveva ottenuto circa 1 miliardo e 700 milioni di lire a lui versati attraverso Publitalia, società all’epoca guidata da Dell’Utri. Secondo l’accusa, nel ’92un funzionario dell’azienda avrebbe chiesto all’imprenditore di restituire in nero metà della somma che gli era stata data, ma il patron si sarebbe rifiutato. A quel punto, stando alle indagini e al racconto di Garraffa, intervennero prima Dell’Utri e poi Virga, per convincerlo a versare i soldi richiesti. Da qui l’accusa di tentata estorsione.

Per Pugliese, il senatore è “uno che delle regole se ne infischia, vanno bene per gli stupidi e per lui no”. Personaggio inserito nel “malaffare”, sempre secondo l’accusa, Dell’Utri si sarebbe comportato con il boss Virga “come l’usuraio che manda dei picchiatori per recuperare i crediti”. Secondo il sostituto, inoltre, il senatore “ha denunciato per calunnia il suo accusatore Garraffa per toglierlo di mezzo”. Giuseppe Di Peri, difensore di Dell’Utri, respinge le accuse. Soprattuto le minacce, secondo il legale, non si sarebbero mai potute verificare, considerata la “frequentazione assidua e un rapporto amicale” tra l’imprenditore e il boss.

In precedenza, la Cassazione aveva annullato una condanna a 2 anni per Dell’Utri, rimandando il giudizio alla Corte d’appello. In quell’occasione i giudici avevano riqualificato l’accusa di estorsione in minacce gravi e dichiarato la prescrizione del reato. Dopo un nuovo annullamento da parte della Cassazione per chiarire “l’eventuale sussistenza della minaccia”, il processo è tornato in appello. La sentenza è prevista per domani.

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