Per il procuratore di Milano, il senatore è "uno che delle regole se ne infischia, vanno bene per gli stupidi e per lui no". Dopo due rinvii tra Cassazione e Corte d'appello potrebbe arrivare domani la sentenza sulla presunta estorsione all'imprenditore Vincenzo Garaffa, con l'aiuto del boss Vincenzo Virga
Garraffa aveva ottenuto circa 1 miliardo e 700 milioni di lire a lui versati attraverso Publitalia, società all’epoca guidata da Dell’Utri. Secondo l’accusa, nel ’92un funzionario dell’azienda avrebbe chiesto all’imprenditore di restituire in nero metà della somma che gli era stata data, ma il patron si sarebbe rifiutato. A quel punto, stando alle indagini e al racconto di Garraffa, intervennero prima Dell’Utri e poi Virga, per convincerlo a versare i soldi richiesti. Da qui l’accusa di tentata estorsione.
Per Pugliese, il senatore è “uno che delle regole se ne infischia, vanno bene per gli stupidi e per lui no”. Personaggio inserito nel “malaffare”, sempre secondo l’accusa, Dell’Utri si sarebbe comportato con il boss Virga “come l’usuraio che manda dei picchiatori per recuperare i crediti”. Secondo il sostituto, inoltre, il senatore “ha denunciato per calunnia il suo accusatore Garraffa per toglierlo di mezzo”. Giuseppe Di Peri, difensore di Dell’Utri, respinge le accuse. Soprattuto le minacce, secondo il legale, non si sarebbero mai potute verificare, considerata la “frequentazione assidua e un rapporto amicale” tra l’imprenditore e il boss.
In precedenza, la Cassazione aveva annullato una condanna a 2 anni per Dell’Utri, rimandando il giudizio alla Corte d’appello. In quell’occasione i giudici avevano riqualificato l’accusa di estorsione in minacce gravi e dichiarato la prescrizione del reato. Dopo un nuovo annullamento da parte della Cassazione per chiarire “l’eventuale sussistenza della minaccia”, il processo è tornato in appello. La sentenza è prevista per domani.