L'ex sindaco: "Penso che la prima volta che ha fatto la spesa in un mercato o che è salita su un tram sia stato in campagna elettorale". E all'obiezione sulla sua simpatia per il Terzo polo, dice: "Io non mi vendo, sia chiaro. E non farò comizi per Letizia"
“Sono mister Albertini, risolvo problemi”. L’ultima carta per tentare la rimonta su Giuliano Pisapia ha impresso il sorriso sardonico del due volte-sindaco di Milano Gabriele Albertini. Classe 1950, Albertini è il nome del moderato che l’entourage di Silvio Berlusconi scelto per “commissariare” la Moratti e dare nuovo impulso alla madre di tutte le tornate elettorali, per riconquistare quella Milano cui è appeso il destino dell’intera legislatura e dello stesso Berlusconi. Il Fatto lo ha raggiunto al termine di una giornata convulsa, finita con un incarico degno di mister Wolf (Harvey Keitel) in Pulp Fiction. Come dire: “Sono mister Albertini e risolvo problemi”.
Che cosa è successo a Milano? Come si spiega il tracollo del centrodestra?
«Non è più un segreto per nessuno. Letizia Moratti ha perso 80mila voti, in pratica un intero stadio di San Siro. La sinistra non ne ha guadagnati, non si può parlare di astensione. C’è un indiziato chiaro. Va detto».
Ma è davvero colpa della Moratti o dei toni esasperati assunti dal leader Berlusconi?
«Parliamo della Moratti e la sua amministrazione. La sua è la storia fortunata di una baronessa con due cognomi, Bricchetto e Moratti. Bisogna riconoscerle gli sforzi che ha fatto per farsi volere bene, ma penso che la prima volta che ha fatto la spesa in un mercato o che è salita su un tram sia stato in campagna elettorale. Le rimprovero anche di aver scassato una macchina comunale che funzionava bene, l’Ecopass e una cattiva gestione in vista di Expo 2015. Forse è anche per questi motivi che per effetto del voto disgiunto ha preso 12.000 voti in meno. La terza colpa invece è del partito».
Ma secondo lei, Berlusconi ha sbagliato a rendere questa tornata elettorale un referendum sulla sua persona?
«Non saprei dire il contrario. Mancano dati sul gradimento di una ipotetica linea alternativa, localista, che guardi alle cose fatte e ai problemi della città. Spero però che Berlusconi torni ad ascoltare la parte migliore di sé, non quella berlusconista, e metta da parte una volta per tutte i pretoriani compiacenti».
Da oggi (ieri, ndr) c’è un suo impegno attivo per la rimonta. Allora la crede possibile…
«Assolutamente sì. Quasi 320.000 milanesi non hanno votato e vale il detto per cui al primo turno si vota pour e al secondo contre. Dobbiamo imparare dalla sonora lezione che ci hanno dato quelli che ci hanno detto chiaramente “non ci piacete più”, ma dobbiamo anche convincerli che Milano non deve essere governata da una persona che, seppur rispettabile, si fa accompagnare da centri sociali e rifondatori del comunismo. Certe idee possono solo fare del male alla città».
Ma cosa pensa davvero di Pisapia? Sosterrà che è un pericoloso ladro d’auto?
«Non penso questo. Penso anzi che Pisapia sia un professionista rispettato e rispettabile. Un uomo di legge dallo stile moderato e borghese. Abbiamo studiato tutti sui libri di suo padre ma quelli che il figlio ha messo in squadra sono un pericolo per il Paese tra estremisti, ambientalisti radicali contro il nucleare, esponenti della sinistra massimalista».
Quando è scattata l’operazione Wolf? Cioè il salvataggio della collega-rivale Moratti?
«Proprio ieri sera, con una telefonata. Io ero in uno studio di una tv locale quando ho ricevuto la chiamata di Letizia Moratti. Ho risposto con un sms dicendole che ci saremmo sentiti l’indomani. Poi mi ha spiegato della richiesta di Berlusconi di affiancarla in questa difficile fase della campagna elettorale. Ho accettato».
Ma lei non era mezzo candidato con il Terzo Polo? Per cosa si è venduto?
«Io non mi vendo, sia chiaro. Non c’è poltrona assessorile o ministeriale che valga la coscienza e la libertà di Gabriele Albertini. Col Terzo Polo la candidatura è naufragata anzitempo per diverse ragioni: i sondaggi mi davano vincente sulla Moratti al primo turno ma serviva una coesione tra le anime del movimento che è subito sparita. Proprio a Milano Palmeri corre con una lista civica mentre l’Udc ha la sua lista. Avevo poi auspicato un’alleanza con la sinistra moderata per far nascere davvero un Terzo polo ma non è stato possibile perché le primarie hanno premiato Pisapia e l’ala radicale della sinistra».
Come farà a guadagnare i voti persi da Letizia Moratti? Non prova imbarazzo a fare la stampella di un sindaco fallimentare?
«L’accordo raggiunto con Berlusconi e la Moratti è chiarissimo. Io non farò comizi elettorali. Io andrò con la Moratti in diverse zone della città dove sono concretamente visibili opere avviate sotto il mio mandato e concluse con il suo. Dalle linee della metropolitana con la 5 che era già deliberata quando ero primo cittadino e la quattro in parte finanziata, il Museo del 900 che è partito con la mia giunta e tanti altri appuntamenti che seguiranno con un programma serrato».
Ma a cosa serve ripassare lo stesso copione? Non è come rivendere gli stessi prodigi due volte? Anche lei è pronto a incantare i cittadini con falsi miracoli?
«Ma quali falsi miracoli. Io ne ho fatti di veri. Nel mio mandato ho investito sulla città 6 miliardi di euro in opere pubbliche quando il mio predecessore Formentini ne aveva spesi 182 milioni. Senza fare le pulci alla Moratti è chiaro che un investimento come il mio si vede a occhio nudo e resta nel tempo come un eredità cittadina tangibile. A questo dovrà essere improntato il secondo mandato dell’era Moratti. Da qui si deve ripartire. Per vincere, per governare. Nel segno della continuità e del cambiamento».