La misura della vita è un braccialetto di carta. Stretto al braccio del bambino, all’altezza del bicipite, deve segnare una circonferenza di almeno 135 millimetri: se scende sotto questa misura, significa che il piccolo è malnutrito, e la sua vita in pericolo. Fascia gialla (rischio), arancione (malnutrizione moderata) e rossa (grave malnutrizione). Sotto i 110 millimetri (fascia rossa), si muore.

Malnutrito non significa denutrito. Il bambino che muore di malnutrizione non muore di fame: mangia, ma poco e soprattutto male. Perché è una dieta povera, cioè a base di riso e farine e carente di proteine, grassi, vitamine, a minare il sistema immunitario dei più piccoli, che diventano così vittime delle malattie infettive.

Sono oltre 200 milioni nel mondo i bambini sotto i 5 anni malnutriti, il 90 per cento dei quali vive nell’Africa Subsahariana e nel Sud dell’Asia. Di questi, oltre 20 milioni soffrono della forma più acuta di malnutrizione, responsabile della morte di oltre 2,5 milioni di bambini sotto i cinque anni: un terzo degli 8 milioni che muoiono ogni anno nel mondo.

Eppure basterebbe poco per salvarli: da anni le équipe di Medici senza frontiere assistono nei paesi più poveri migliaia di bambini malnutriti con un programma ad hoc. Solo nel 2010 ne hanno curati 250 mila in 30 paesi. La misurazione con il famoso braccialetto di carta (Muac: Mid-upper arm circumference) è il primo passo del programma insieme al controllo del peso del bambino. Ma l’asso nella manica sono i “cibi terapeutici pronti per l’uso” (RUTF).

“Ready to use therapeutic food”, cibo terapeutico pronto per l’uso, confezionato in bustine, che viene dato ai bambini per rimetterli in salute: una pasta dolce, di sapore gradevole, a base di latte, burro d’arachidi e di tutti i micronutrienti essenziali per la crescita. Con questa cura, in poche settimane il bimbo riprende peso e gioia di vivere. Perché i bimbi malnutriti sono tristi, apatici, quasi rassegnati a non farcela. «Un miracolo», così definiscono l’effetto della cura i medici che per la prima volta la sperimentano sul campo.

Ma le bustine arrivano ancora a troppo pochi bimbi malnutriti: le grandi Ong e i governi che riforniscono di aiuti alimentari i Paesi in via di sviluppo continuano a fornire a neonati e bambini cibi non adatti. «Le farine a base di cereali arricchiti attualmente donate non soddisfano gli standard nutrizionali di base: una realtà evidenziata dal fatto che nessuno di questi prodotti viene utilizzato nei programmi nutrizionali dei Paesi donatori» denuncia MSF, che invita a «porre fine a questo doppio standard».

Per questo, MSF ha lanciato una petizione popolare che presenterà ai leader del G8/G20 alla vigilia del prossimo vertice in Francia, a giugno, e una campagna internazionale, Starved to attention, per denunciare la crisi dimenticata della malnutrizione infantile. La campagna chiede ai Ministeri della salute, ai donatori internazionali, all’Unicef e all’Oms strategie specifiche e mirate per garantire ai bambini al di sotto dei due anni che vivono nei cosiddetti “luoghi caldi” della malnutrizione, l’accesso alla nutrizione minima di cui hanno bisogno. In particolare, si chiede di rivedere le modalità di erogazione degli aiuti alimentari, passando dall’utilizzo delle farine arricchite all’impiego di RUTF e che questi siano disponibili in quantità adeguate, attraverso il reperimento dei fondi necessari e la ricerca di soluzioni per una loro produzione sostenibile. La campagna chiede inoltre l’impegno a sostenere i Paesi interessati nell’impostazione dei loro nuovi standard di crescita a estendere le promettenti esperienze registrate con i RUTF.

Sono in corso anche progetti per ampliare la produzione di cibi pronti all’uso differenziando le fonti di approvvigionamento. Attualmente, i RUTF sono infatti prodotti e commercializzati quasi unicamente da un’azienda francese, la Nutrisec, che detiene il brevetto del suo prodotto e non ha, di fatto, concorrenti, anche se alcuni dei paesi con problemi di malnutrizione (Niger, Malawi, Santo Domingo) producono piccole quantità di RUTF e l’Etiopia ha una produzione abbastanza consistente ma non sufficiente nemmeno per i propri bambini malnutriti.

Anche Emergency sta studiando la produzione in loco (in questo caso la Sierra Leone) di piccoli quantitativi di RUTF. Ma i bambini che necessitano di cibi pronti all’uso sono tantissimi e c’è bisogno di una grande quantità di prodotti di qualità a basso prezzo. Per questo MSF ha favorito l’incontro fra Nutrisec e l’università di Copenhagen per lo studio e la produzione di nuovi prodotti per la malnutrizione senza brevetto e a prezzi calmierati.

Oggi il costo del trattamento terapeutico per un bambino malnutrito è di 50 euro: pochi per le nostre tasche, moltissimi per i Paesi in via di sviluppo.

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