Società

La rivoluzione non chiede permesso

Jorge è di Pamplona e quando prende la parola, in piazza di Spagna a Roma, il piccolo corteo de los indignados è già riuscito a conquistare la scalinata di Trinità dei Monti. Mentre parla dal minimegafono made in China, un fotografo si avvicina e lui lo guarda, si interrompe, gli sorride e gli chiede: “No, por favor”. E quando, durante il suo breve intervento i ragazzi e le ragazze accennano ad un applauso, lui si schermisce e fa cenno con la mano che lo lascino continuare “porque soy timido…” aggiunge.

Parla dei suoi problemi di precario, e dice che non si sente rappresentato da una democrazia bipolare che esclude tutte le sfumature politiche nelle quali lui si identifica: sinistra, ecologia, partecipazione democratica. E aggiunge che la Spagna è in mano alle grandi banche, che ricevono aiuti statali a iosa, e lui questo “non lo ha votato”.

Maria, prima che il corteo tenti di conquistare la scalinata, parla con un funzionario della Questura che le chiede lumi su chi siano, come si sono organizzati e con chi poteva parlare in loro rappresentanza. Gentilmente gli spiega cheyo no quiero rappresentare nessuno, sono qui perché ho leido della protesta su Twitter, non c’è nessuno che ha organizzato, tutti siamo qui individualmente”. “Si però potevate chiedere in questura il permesso”, fa lui. “La revolución no pide permiso”. Già, la rivoluzione non chiede permesso.

Un ragazzo spiega il perchè: “Sono stufo di pacche sulle spalle. Non capisco perchè la nostra generazione è la  più preparata della storia ma siamo quelli che hanno meno lavoro e più disoccupazione di sempre”. Poi, rivolgendosi a un gruppo che si unisce  ai manifestanti con una birra in mano,  gli dice che “siamo qui per difendere la democrazia, non per fare baldoria”.

Bene, non c’è bisogno di profonde analisi sociologiche per sapere chi sono questi ragazzi che stanno protestando dal 15 maggio in tutta Spagna, e che sono riusciti a estendere la loro lotta in tutta Europa. I loro temi: fermare la disoccupazione giovanile al 40%, basta aiuti alle grandi banche, partire con una vera democrazia partecipativa che il sistema bipolare non può rappresentare, un impulso allo stato sociale; chiedono un cambio politico immediato e reale; non si sentono né di destra né di sinistra ma sono contro l’astensionismo; sono contro i leaderismi e si scambiano i ruoli di portavoce quotidianamente.

Si convocano soprattutto tramite Twitter con il tag #spanishrevolution (in Italia #italianrevolution) e questa è la vera novità comunicativa rivoluzionaria: tutti possono postare su Twitter utilizzando questo tag, non importa chi sia partito per primo, nessuno ha le chiavi di una pagina Facebook o di un sito Internet, ma tutti – collettivamente – compongono il grande mosaico di questa rivoluzione.

Abbiamo tanto da imparare.

Questa sera si replica a Roma e Torino. Uniamoci a loro. Per le altre città e per rimanere in contatto: www.piratenpad.de/oprevolution