Partiamo poco dopo le otto e alle 11:30 siamo al Comitato elettorale di Pisapia.
Mi avevano detto che l’aria a Milano sarebbe stata frizzante, ma non credevo lo fosse a tal punto. È contagiosa. Te la senti nelle ossa e nei muscoli che ti aiutano a volantinare e far campagna elettorale per una giornata intera in una città che non è la tua ma che oggi è come se lo fosse.
Perché a Milano si gioca una partita grande, decisiva. A Milano si può puntare in alto. Da Milano può arrivare un messaggio chiaro al Premier Berlusconi e alla Lega Nord. Al primo il messaggio dice che il suo tempo volge al tramonto, democraticamente, senza spallate, ma nel modo che la democrazia ha di mandare certi segnali, attraverso il voto. Alla Lega invece, dice che deve volare un po’ più basso e che ormai il gergo del nuovismo, e del celodurismo sono stonati e non più credibili.
Non servono strane alchimie o guru della politica per capire che quella vissuta dai bolognesi a Milano è stata una di quelle giornate in cui si materializza il centro sinistra (con o senza trattino). Il centrosinistra quello buono. Quello degli sguardi delle generazioni che si incrociano e sanno che la battaglia è per valori sempre nuovi anche se antichi, come giustizia, libertà e l’uguaglianza. Retorica? Neanche per sogno. Certe cose bisogna vederle, toccarle, assaporarle. A Milano è stato possibile farlo.
È il sudore delle maniche rimboccate che cementa gli individui e porta a condividere la passione. La politica è questa. Correnti? Quante ne volete, ma oggi c’e n’era una sola per le strade di Milano. Quando abbiamo incontrato Pisapia abbiamo intonato due canzoni: “Bella ciao”, che ci ricorda il sangue attraverso il quale siamo repubblica democratica di robusta costituzione e l’Inno di Mameli, che ci ricorda che Milano, Bologna, Pisa, Torino, Napoli, Palermo, sono Italia e hanno un futuro che si gioca solo assieme.
È questo il centrosinistra che può vincere, è questo il centrosinistra di cui il Pese ha bisogno. Ci si arriva consultando tutti, come con le primarie, e accettando che il vincitore interno rappresenti tutti all’esterno. Senza paure, stando assieme, condividendo nella trasparenza e nella partecipazione il sogno che il nostro Paese, a cominciare da Milano tra una settimana, possa dimostrare a se stesso e a tutto il mondo che gli italiani il campanello della storia lo hanno sentito e stanno iniziando ad agire di conseguenza.
Si vincerà allora, per l’Italia e non solo per Milano.