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La Spagna alle urne sotto la pressione del movimento “Democracia Real Ya”

“Da oggi chiamateci pure 22-M, perchè il movimento rinnova la lotta!” dicono dal microfono della Puerta del Sol di Madrid mentre annunciano una nuova settimana di occupazione. La protesta nel nome di una “Democracia Real Ya”, iniziata dopo la manifestazione dello scorso 15-M, non recede. Anzi, è proprio dal cuore della Spagna che arriva la conferma di quello che si respirava da giorni: “Sentiamo la responsabilità di andare avanti – dice Raul, madrileno e padre di 2 bimbi – ed ottenere qualcosa per questi ragazzi. Altrimenti tutta l’energia che abbiamo investito non è servita a nulla”.

La piazza cuore del movimento quindi rilancia e lo fa in un giorno cruciale per la Spagna, impegnata in una consultazione, come quella delle amministrative, che rappresenta un test scivoloso per il governo Zapatero.

Bersagliato dalle critiche il PSOE, rischia di pagare un prezzo alto ad una gestione della crisi economica troppo spesso affannata e sottomessa alle politiche imposte da Bruxelles. Ed è proprio questa una delle critiche chiave del movimento composto da cittadini stanchi di subire le scelte di partiti politici che non rischiano soluzioni alternative per tamponare le falle economiche.

In questa atmosfera la rimonta del PP, soprattutto alle legislative dell’anno prossimo, viene data per molto probabile.

I socialisti in questi giorni si sono dovuti confrontare con il movimento 15-M. Anche se non direttamente, hanno intuito che un nuovo bacino di voti era minacciato. I principali rappresentanti del PSOE, il premier Zapatero in testa, hanno invitato i partecipanti alla protesta a recarsi alle urne. Ma a parte qualche formula di circostanza sulla necessità di trovare nuove strade per esercitare il processo democratico, non ha affrontato le critiche di sostanza che migliaia di cittadini stanno esprimendo.

“Non si tratta di semplice protesta – dice Marta, da Plaza Catalunya di Barcellona – sappiamo che la svolta può avvenire attraverso proposte alternative a un sistema che fino ad ora ci hanno imposto dall’alto. Ed è a questo che le commissioni stanno studiando, primo fra tutte la riforma della legge elettorale. Ma il processo democratico, come quello che vogliamo noi, cioè che sia partecipativo, è più lungo”.

Certo lungo, ma emozionante come ogni scelta condivisa e collettiva. Alle assemblee generali nel centro di Barcellona, ogni decisione, segnalata dalle commissioni, viene votata e se un numero consistente di partecipanti preferisce dibattere, che dibattito sia.

E’ stato il caso della costruzione di un piccolo orto dentro le aiuole di Plaza Catalunya. Nel tentativo di costruire anche a Barcellona una repubblica di autogoverno, proprio come all’accampamento di Puerta del Sol di Madrid, gli occupanti hanno coltivato dei pomodori, zucchine e poco altro. Alla riunione generale, di fronte a migliaia di cittadini, i responsabili della commissione giuridica hanno sollevato il problema che il danno alle strutture del Comune della città avrebbero potuto scatenare l’intervento della Polizia urbana. “Proponiamo quindi – ha detto Pablo, studente in giurisprudenza – che si costruisca un orto mobile, su strutture che non pregiudicano il territorio”.

Approvata dall’assemblea, ora la proposta è di nuovo al vaglio della commissione infrastrutture. Se chiediamo se questo zelo non sia esagerato, la risposta arriva da Irene, trentenne precaria: “A Madrid hanno addirittura i pannelli solari, e numericamente sono superiori a Barcellona. Eppure funziona. Significa che il vento sta cambiando in questo paese”. La protesta per premere sulla classe politica continuerà anche nei prossimi giorni, ogni città mobilitata deciderà in che forma. Ma sicuro è che il 15 giugno, un mese esatto dall’inizio della rivolta, i cittadini del 15-M marceranno verso le sedi dei governi autonomi e centrali, considerati i gangli dove portare la propria indignazione.

di Cristina Artoni