Yorke e soci, arrivati all’ottavo album in studio, «manomettono» il proprio percorso artistico con un’operazione francamente discutibile. «The King Of Limbs» è un coacervo di suoni improbabili, le canzoni sembrano solamente abbozzate, molto probabilmente sono il frutto degli out cake di «Kid A» e di «Amnesiac».
Calma e sangue freddo! Riavvolgiamo il nastro: a febbraio la notizia dell’uscita imminente del nuovo disco, lasciava senza fiato milioni di fans; l’attesa spasmodica si consumava nell’arco di «3 giorni 3» poiché mercoledì 16 – dal sito della band –, giungeva la notizia che il sabato successivo sarebbe stato possibile effettuare il download di «The King Of Limbs». Questo in attesa di ricevere, i primi di maggio, il «Newspaper Album» ovvero il box «biodegradabile» composto da due dischi in vinile da 10 pollici, il cd e una serie di tavole disegnate da Stanley Donwood. Il file digitale entrava così in possesso dei fan dopo sole 72 ore dall’annuncio dell’uscita del disco.
Sorvolando sul fatto che oggi, 23 maggio – per posta – nulla è ancora arrivato (eppure i «36 euro cash» risultano prelevati dalla carta di credito il 16 febbraio), ci si potrebbe concentrare sull’ascolto attento delle canzoni, le quali rivelano le fattezze di un prodotto certamente ben realizzato ma totalmente privo di contenuti creativi o, se preferibile, innovativi.
Non che un disco dei Radiohead debba necessariamente – ogni volta – tracciare il futuro della musica, anzi, diciamolo chiaramente, se i nostri eroi decidessero di rivolgere le proprie attenzioni alle calde atmosfere di «The Bends» o ancor di più recuperassero le chitarre rutilanti di «Ok Computer», nessuno – presumibilmente – troverebbe niente da ridire, o perlomeno, quelli pronti a rivendicare i suoni sincopati di «In Raimbows», sarebbero probabilmente pochi; anche se quando si evocano i fan dei Radiohead, nulla può essere dato per scontato, poiché secondo gli stessi, ogni «vagito» di Thom Yorke, sembra essere una rivelazione.
A prescindere dalle diverse supposizioni, il nuovo corso della formazione inglese riscuote successo o quantomeno fa parlare il web. Digitando su google “TKOL recensione” appaiono pagine intere collegate al disco: blog, commenti, articoli … insomma, il capolavoro è servito! La carta stampata, in questi mesi, se possibile ha rincarato la dose: le firme più o meno note del giornalismo musicale (nazionale ed internazionale) si sono prodigate nel tessere lodi sperticate all’ottava opera pop dei Radiohead.
Con il dovuto rispetto, risulta difficile condividere anche una sola parola scritta. Le valutazioni, tutte ampiamente superiori al sette, dimenticano cosa voglia dire recensire un disco e non il nome autorevole di chi lo suona. Certo, criticare i Radiohead abbassa l’indice di gradimento (e dunque i famigerati “mi piace”) ma l’onestà intellettuale non è un optional nemmeno in ambito musicale.
Il New Musical Express (NME) è stato l’unico giornale in grado di esprimere il proprio pensiero libero da qualsiasi condizionamento. «La Bibbia musicale dei ragazzini d’oltremanica» sostiene che “King of Limbs”, è una schifezza e nessuno ha il coraggio di dirlo (cfr. Marinella Venegoni de “La Stampa”). A sostegno di quanto affermato, vengono citate alcune recensioni, in particolare quella demenziale rilasciata da Pitchfork che – non più tardi di un mese fa – stanziava un bel 7,90 su 10 punti disponibili. Come a dire: «Cari signori, chiudetevi le orecchie, tappatevi il naso ma questo disco “fatevelo piacere”! Stiamo parlando dei Radiohead non degli Starsailor».
Nel frattempo, un deejay qualunque, placidamente sdraiato «alla destra del Fiume Po», dopo aver riascoltato «The King Of Limbs» cercando di farselo piacere … staccava il poster dei Radiohead dalla parete della sua taverna.
9 canzoni 9 … per amare i vecchi Radiohead
• Creep
• My Iron Lung
• Street Spirit (Fade Out)
• Exit Music (For A Film)
• Paranoid Android
• Lucky
• The National Anthem
• Knives Out
• 2+2=5 (The Lukewarm)