Nel 1994 un medico genovese denunciò don Riccardo Seppia perché il sacerdote aveva preso a tempestare di telefonate i suoi figli, due femmine di 10 e 13 anni, e un maschio di 15 anni. Se la cornetta l’alzava lui, si sentivano solo respiri, ma se toccava ai piccoli, allora il maniaco parlava. “Con loro perdeva ogni freno e pronunciava frasi blasfeme, pornografiche. Non riusciva a fermarsi e ogni volta sconvolgeva i ragazzi”.
La vicenda era stata riportata alcuni giorni fa dal quotidiano genovese ‘Il Secolo XIX‘. Inizialmente la denuncia del medico fu contro ignoti. Le successive indagini chiarirono che le telefonate arrivavano dalla parrocchia di San Pietro di Quinto, frequentata dai figli del medico. Don Seppia allora era curato proprio a San Pietro di Quinto e fu trasferito. Le telefonate cessarono, don Seppia divenne parroco a Calvarezza, Pareto e Frassinello in Valbrevenna. Ora il facente funzione procuratore capo di Genova, Vincenzo Scolastico, ha spiegato: “Stiamo cercando negli archivi, per trovare quel fascicolo, e valutarlo con grande attenzione per stabilire se eventualmente sia necessaria una nuova attività d’indagine anche in quell’ambito”.
Il caso del papà di Quinto non è l’unico guaio che emerge dal passato di don Seppia. Il 19 maggio la Procura aveva ascoltato anche don Piercarlo Casassa, il primo parroco che ha avuto Riccardo Seppia come vice. Aveva ribadito quanto già dichiarato in esclusiva al Secolo XIX: «Non era adatto al sacerdozio, usciva tutte le notti, tornava tardi, e si svegliava alle due del pomeriggio. Lo avevo comunicato più volte alla Curia, ma i miei appelli sono caduti nel vuoto». Inoltre ben tre cardinali e tre vescovi che avevano disposto indagini informali, non avevano però dato molta importanza alla cosa (Leggi l’articolo).
Infatti, già ai tempi del Cardinal Tettamanzi la curia era a conoscenza del fatto che nella canonica del Santo Spirito si svolgevano feste hard omosessuali. Poi la pratica su quella chiesa era passata al successore di Tettamanzi e le voci erano arrivate fino al vescovo di Albenga (Seppia aveva vissuto qualche mese a Giustenice, un comune della provincia di Savona) che lo aveva persino convocato e “assolto”.