“Rebus sic stantibus, oggi non c’è una sola persona sana di mente disposta a mettere un soldo nella Seaf. Non c’è la ben che minima offerta, è bene che si sappia”. E’ il sindaco di Forlì, Roberto Balzani, a non usare oggi giri di parole per tentare di descrivere il caos in cui si è cacciato l’aeroporto di Forlì alla luce degli ultimi sviluppi.

Dunque, è ufficiale: la manifestazione d’interesse presentata dal gruppo Società Aeroporti Venezia alla scadenza del bando di privatizzazione di Seaf, lo scorso 4 marzo, non si è trasformata – e allo stato attuale non si trasformerà – in una vera e propria offerta per entrare nella compagine sociale del “Luigi Ridolfi”.

Sfumato “il primo bando”, dice Balzani, “se ne aprirà un altro”. Come? Tenendo conto delle “gravissime” difficoltà di bilancio di Seaf che i veneziani di Save (il terzo gruppo italiano nel settore) hanno voluto conoscere fino all’ultimo dettaglio, l’estremo tentativo per tornare ad aprire ai privati è ora la “costituzione fisica” della tanto discussa holding aeroportuale con Rimini, così come indicato nero su bianco nel progetto di legge fatto approvare in assemblea legislativa dalla Regione Emilia Romagna lo scorso 4 maggio. Insomma, è la tesi degli enti locali, Venezia dice di no alla sola Forlì perché l’obiettivo è entrare in un sistema regionale che abbracci anche Rimini: una volta fatta la holding, si potranno fare altri bandi di privatizzazione. In realtà, c’è chi non la vede affatto così e innesca un nuovo ‘giallo’ attorno alla vicenda.

Ricordando che la presidente della Provincia di Bologna, Beatrice Draghetti, mesi fa aveva fatto capire di non vedere proprio di buon occhio il possibile approdo di un competitor come Save a Forlì, è il parlamentare romagnolo della Lega Nord Gianluca Pini a lanciare l’accusa di una “resa” a Bologna da parte di Balzani e del presidente della Provincia di Forlì-Cesena Massimo Bulbi, i due principali azionisti del “Ridolfi”. Che sia stata Forlì a dire di no a Venezia, e non viceversa, sembra poi confermarlo un documento ufficiale di Seaf che ha iniziato a circolare indiscreto in queste ore. Ecco l’incipit: “Con la presente comunicazione si informa codesta società che in base al disposto del punto VII.13 del disciplinare per la procedura di ricerca di socio, Seaf ha assunto con apposito atto del Consiglio di amministrazione in data odierna di revocare la procedura in oggetto per sopravvenuto differente interesse negoziale”.

La breve missiva, firmata dal presidente della commissione di gara Antonio Nannini (dg della Camera di Commercio di Forlì-Cesena e membro del Cda di Seaf) e dal presidente di Seaf , il generale Fabio Castellari, secondo il deputato forlivese della Lega Nord Gianluca Pini rappresenta “la prova della resa politica di Balzani e Bulbi”.

Insomma, secondo Pini non sarebbero stati i veneziani a non trasformare la propria manifestazione d’interesse in una offerta vera e propria, ma è stata Forlì a dire di no a seguito di presunte pressioni da Bologna. I firmatari in questione, Castellari e Nannini, per ora non sono raggiungibili. La Lega però, uno dei più stretti interlocutori dei vertici di Save finora, tira dritto: “Per chi ancora non crede che sia stata Seaf a interrompere in maniera premeditata le trattative con Save  – sostiene il leghista sventolando la lettera firmata da Nannini e Castellari – ecco le prove della resa politica a Bologna della banda B&B, Balzani e Bulbi”.

Save, prosegue Pini, “non aveva nessun obbligo temporale di inviare entro la scorsa settimana” l’offerta. Ora, prosegue il leghista, “speriamo solo che la holding non sia quello che temiamo, ovvero il colpo di grazia prima per il ‘Ridolfi’ prima e per il ‘Fellini’ di Rimini poi”. Pini si dice comunque “fiducioso che nonostante le politiche suicide del Pd, Save possa ancora aiutare gli scali della Romagna a non soccombere rispetto a Bologna”. Qualsiasi piega prenda il ‘giallo’, oggi Balzani incontrando la stampa si rifà all’incontro di venerdì scorso con il presidente di Save, Enrico Marchi: “Save non è interessata alla Seaf in quanto tale, sarebbe interessata ad un sistema regionale più compatto. Ovvero ad entrare nella holding con Rimini come previsto dalla Regione, anche senza Bologna. Il gruppo veneto ha ribadito un ruolo ‘strategico’ per lo scalo di Forlì e ha convenuto che sacrificarne la pista sarebbe un peccato. Allo stesso tempo – precisa il sindaco forlivese – loro sono imprenditori in senso stretto, non vogliono avere a che fare con società drogate dal denaro pubblico”.

Sarà. Di denaro pubblico, intanto, in Romagna se ne continua a spendere eccome. L’aeroporto di Forlì costa oggi come oggi qualcosa come 450 mila euro al mese, che gli aeroplani volino o meno. “Così c’è autonomia fino all’estate”, ammette Balzani. I soci principali del “Ridolfi” (Comune, amministrazione provinciale e Camera di Commercio di Forlì-Cesena) hanno investito cifre a dir poco considerevoli per tenere in vita l’agonizzante Seaf in vista del possibile rilancio attraverso la privatizzazione.

Una scelta “non indolore”, riconosce Balzani che oggi insieme con Bulbi e con il presidente della Camera di Commercio di Forlì-Cesena, Alberto Zambianchi, vuol tornare a “rendere conto” alla città sulla base degli ultimi dati disponibili. I bilanci di Seaf che Save ha scrutato con attenzione parlano chiaro: l’ultimo deficit di esercizio della società ammonta a qualcosa come 10 milioni di euro, cui si somma un pregresso di almeno 8,5-9 milioni. In tutto, si sfiora un rosso di 20 milioni di euro.

“Che la situazione sia gravissima non ci piove”, riconosce il sindaco. Posto che in vista del nuovo bando da costruire, dopo aver costituito la società unica Forlì-Rimini, Save o chi per loro “rivendicano un’idea di liberalizzazione-privatizzazione” e non sono interessati a “società drogate dal denaro pubblico”, Balzani non si stanca di dire che “la crisi di liquidità di Seaf è seria, servono molti soldi: noi dobbiamo prima di tutto raggiungere l’obiettivo della holding, poi ci sarà tempo di parlare di voli, rotte e di tutto il resto”.

Da parte sua, Bulbi assicura che “i conti a Save sono stati mostrati alla luce del sole, è stato giusto far conoscere la situazione reale dell’azienda”. In ogni caso, il gruppo Società Aeroporti Venezia, viene assicurato, non si sarebbe spaventato dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Forlì su Seaf, in corso dal 2010 e coordinata dal sostituto procuratore Filippo Santangelo (si ipotizzano il reato di bancarotta fraudolenta e di ricorso abusivo al credito, tra gli altri).

“Save non è stata minimamente toccata dal discorso dell’inchiesta. Il giudizio non è sul pregresso, ma sulle prospettive”, giura Balzani. Il quale non smentisce però la volontà, annunciata a suo tempo, di poter procedere con “una azione di responsabilità” nei confronti di ex amministratori di Seaf come l’ex sindaco di Forlì, Franco Rusticali: “Ma non è questa la priorità oggi, prima dobbiamo far vivere l’aeroporto. Poi, eventualmente, potremo aprire il libro delle colpe”.

Insomma, rimarca il primo cittadino, “non aggiungiamo variabili che potrebbero compromettere il risultato finale”. In tutto questo, chi non batte ciglio è Rimini. Il presidente della Provincia rivierasca Stefano Vitali, azionista di riferimento di un “Fellini” che punta al milione di passeggeri quest’anno, non si scompone rivendicando che Save, in realtà, vuole Rimini: “Beh, mi sembra naturale che per Save o chi per loro rappresentiamo una proposta interessante, non da oggi. Abbiamo in Aeradria un disavanzo di 2,5 milioni di euro, ma siamo solidi e ci crediamo. Io che a Venezia ci sono andato più di una volta – rivela Vitali- so come il ‘Federico Fellini’ viene considerato in giro. E dico che nel sistema può entrare anche Bologna con Sab. E che dai privati ci vado con la schiena dritta”, non con l’acqua alla gola come Forlì, lascia intendere senza esplicitare Vitali.

Carlo Kovacs

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