Il cardinal Bagnasco esce dalla chiesa del Santo Spirito di Sestri Ponente dopo l'arresto di don Riccardo Seppia

Da una parte don Riccardo Seppia, il parroco di Sestri Ponente, da nove giorni in carcere con l’accusa di abusi sessuali su minori e cessione di stupefacenti (Leggi la cronaca). Dall’altra, le gerarchie ecclesiastiche che tentano di mettere un argine alle terribili denunce sul passato del parroco che arrivano da più parti (Leggi l’articolo). Sullo sfondo i lavori in Vaticano della 63ma Assemblea generale dei vescovi italiani durante la quale il presidente Angelo Bagnasco torna a prendere posizione contro la pedofilia, “un’infame emergenza non ancora superata, che causa danni incalcolabili a giovani vite e alle loro famiglie, cui non cessiamo di presentare il nostro dolore e la nostra incondizionata solidarietà”.

Il cardinale ha rivelato che da oltre un anno un gruppo interdisciplinare di esperti lavora per “tradurre” per l’Italia le indicazioni del Vaticano per Linee guida contro la pedofilia dei preti. Già il 16 maggio, due giorni dopo l’arresto del prete genovese, la Congregazione per la dottrina della fede aveva inviato alle Conferenze episcopali la Circolare per elaborare le Linee guida contro la pedofilia (Leggi l’articolo): nel documento si poneva l’accento sul “dovere della Chiesa di dare una risposta adeguata” ai casi di abuso sessuale su minori commessi da preti. Anche oggi Bagnasco è tornato sull’argomento della responsabilità civile dei sacerdoti ribadendo la necessità di “non transigere” sull’integrità dei sacerdoti, “costi quel che costi” perché “anche un solo caso, in tale ambito, sarebbe troppo”. E “quando poi i casi si ripetono, – ha aggiunto – lo strazio è indicibile e l’umiliazione totale”. Tuttavia, ha detto il presidente della Cei “le ombre, anche le più gravi e dolorose, non possono oscurare il bene che c’è”, quindi “ancora una volta noi Vescovi confermiamo stima e gratitudine al nostro clero che si prodiga con fedeltà, sacrificio e gioia, nella cura delle comunità cristiane”.

Intanto, anche Emanuele Alfano, l’ex seminarista e aspirante croupier su una nave da crociera, arrestato nell’ambito dell’inchiesta che ha portato in carcere Don Riccardo Seppia (Leggi l’articolo), “potrebbe inquinare le prove e reiterare il reato per cui è stato arrestato”. Con queste le motivazioni il gip Annalisa Giacalone ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per l’ex seminarista, al termine dell’interrogatorio di convalida nel carcere di Marassi. Non ci sarebbe invece, secondo quanto si apprende, pericolo di fuga.

Alfano ha ammesso di avere avuto rapporti sessuali con due minori, l’egiziano indagato nella vicenda e un albanese di 16 anni. Ha inoltre confermato di avere dato il contatto telefonico dei due ragazzini a don Riccardo. L’ex seminarista ha cercato però di ridimensionare l’accusa di induzione alla prostituzione. “Ho conosciuto i due in chat – ha raccontato al gip -. Non ho proposto io il pagamento, ma c’è stata una sorta di tacito accordo, perché funziona così”. Secondo il gip, però, ci sarebbero delle incongruenze nelle dichiarazioni di Alfano e per questo le sue dichiarazioni non sarebbero completamente attendibili.

Questa sera don Seppia verrà trasferito dal carcere di Marassi alla casa circondariale di Sanremo. E’ stato lo stesso parroco a chiedere al direttore del carcere di Marassi, Salvatore Mazzeo, di essere trasferito per le minacce ricevute dagli altri detenuti. Dopo le scritte sulle mura della chiesa del Santo Spirito di Sestri Ponente contro il parroco “infame pedofilo”, ieri, allo stadio di Genova Luigi Ferraris è stato esposto uno striscione contro Seppia: “Preti pedofili al rogo”.

Nel carcere di Sanremo, l’ultimo luogo di detenzione italiano prima della frontiera con la Francia, don Seppia sarà recluso nella sezione ‘sex offenders’ che si trova nella cosiddetta ‘Penisola’, un’ala del penitenziario dove si trovano due sezioni: una per i ‘predatori sessuali’ e l’altra per i collaboratori di giustizia non ancora ammessi alla protezione. La struttura carceraria ha un ambulatorio Sert che segue un centinaio di detenuti tossicodipendenti, 10 dei quali trattati con metadone. I sieropositivi sono 20, la metà dei quali trattati con antiretrovirali.

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