Mille studenti contro il nucleare: accade a Berna, dove i ragazzi hanno disertato la scuola per marciare sulla sede della società energetica che gestisce la centrale di Mühleberg, alla vigilia della storica decisione che il consiglio federale svizzero prenderà sul futuro dell’atomo (la discussione è prevista, appunto, per domani). Sale così il vento di protesta contro il nucleare in tutta Europa. Dopo il disastro di Fukushima, tuttora irrisolto, sono sempre più i Paesi in cui la popolazione decide di scendere in piazza per manifestare il proprio dissenso nei confronti dell’energia atomica, ritenuta sempre più pericolosa, costosa, e addirittura “antistorica”. Meno di un mese fa, a salire sulle barricate sono stati 150mila cittadini tedeschi e francesi, pronti a fare fronte comune attorno a 12 siti nucleari e due centrali. Poi le tensioni fra dimostranti e polizia in Piemonte, per il transito di un altro treno carico di scorie radioattive diretto in Francia. E ora è toccato a Berna: il traffico della capitale svizzera è stato paralizzato dagli studenti “no nuke”.
La Svizzera deve scegliere fra tre varianti possibili: l’eventuale sostituzione delle tre centrali nucleari più vecchie, la non-sostituzione degli impianti esistenti alla fine del loro periodo di esercizio e, infine, l’abbandono anticipato del nucleare. I ragazzi di Berna sono partiti alle 8 di questa mattina, arrivando ad “assediare” pacificamente il palazzo delle Forze motrici bernesi (BKW), gestore della centrale di Mühleberg. Nata attraverso il passaparola su facebook, la manifestazione ha portato centinaia di ragazzi ad organizzarsi (senza l’autorizzazione delle forze dell’ordine) per marciare lungo tutta la capitale elvetica. Previsto addirittura un concerto, alla fine dei cortei. I giovani svizzeri vogliono in questo modo sollecitare un ripensamento della politica energetica svizzera. Non solo, chiedono di considerare le alternative possibili ad una società “orientata unicamente verso il profitto”. Secondo i dimostranti, sostenuti dai gruppi ecologisti e socialisti bernesi, il governo deve subito tornare sulla sua decisione di autorizzare Mühleberg a produrre energia senza limiti di tempo.
Ma nella tranquilla Svizzera non protestano solo gli studenti della capitale. Domenica scorsa, infatti, migliaia di persone provenienti anche da Germania, Austria e Francia hanno organizzato una manifestazione di massa a Doettingen, nel nord del Paese. Lì si trova Beznau, la più vecchia centrale ad acqua pressurizzata del mondo ancora funzionante. Secondo Maude Poirier, portavoce dell’associazione Sortons du nucleaire, “Queste migliaia di persone stanno inviando un segnale forte alle autorità svizzere”. Per la Poirier, “Ciò dimostra che non siamo un minoranza”. Un segnale che, soprattutto in Germania, continua ad arrivare anche in ambito elettorale. Lì, infatti, i Verdi hanno vinto anche a Brema.
In Francia, invece, c’è chi addirittura ha iniziato uno sciopero della fame per chiedere la chiusura dell’impianto di Fessenheim. Situata in Alsazia, a pochi chilometri dal confine svizzero, è la più vecchia centrale francese. A turno gli antinuclearisti coinvolti in questa singolare dimostrazione smetteranno di nutrirsi per i prossimi 366 giorni. Tre uomini e una donna, che, per rafforzare il loro messaggio, hanno deciso di bere solo acqua e tisane per tre settimane. L’annuncio degli ecologisti, chiamati “i digiunatori di Colmar”, è uno solo: fare uscire il Paese dal nucleare entro dieci anni. Per la chiusura di questa centrale, situata in una zona a rischio sismico, si sono già espressi il comune di Strasburgo, alcuni cantoni svizzeri e il consiglio della regione Franca-Contea. Ma i “digiunatori” non sono soli: anche lì, negli scorsi giorni, le persone che si sono radunate presso la centrale per chiederne la chiusura sono state migliaia.
Nel vecchio continente l’atomo sembra avere davvero i giorni contati. Se non altro per l’opinione pubblica, che attraverso gruppi e associazioni annuncia nuove manifestazioni in tutta Europa. Sperando ovviamente che non si arrivi alle tensioni esplose in India, dove lo scorso mese una dimostrazione contro il nucleare è degenerata addirittura in una sparatoria. Venuto a contatto con la polizia, il corteo ha lanciato pietre contro gli agenti. Che, dopo aver tentato di disperdere la folla con manganellate e proiettili di gomma, hanno aperto il fuoco. Gulabrao Pol, capo della polizia di Stato, si è giustificato dicendo che agli agenti non era rimasta altra scelta: “Abbiamo fatto il possibile per controllare la situazione, ma una folla composta da centinaia di persone ha cercato di sopraffarci”.