Una vignetta a firma di Gary Clement del National Post, giornale canadese di centrodestra, ha suscitato la protesta ufficiale dell’ambasciatore italiano a Ottawa, Andrea Meloni, e del presidente del Congresso nazionale degli italo-canadesi, Michael A. Tibollo.
La vignetta, che vedete qui a lato, è stata pubblicata il 19 maggio sul quotidiano canadese e anche riprodotta in segno di approvazione il 22 maggio nella sezione Laugh Lines della rassegna settimanale del New York Times, arrivando così a tutti i lettori del quotidiano statunitense, che sono molti di più di quelli del National Post. Nella vignetta si vede il leader socialista francese Dominique Strauss-Kahn dietro le sbarre, a colloquio col suo avvocato, che gli comunica: “Il suo comportamento la squalifica come presidente della Francia. D’altro canto la qualifica per diventare Primo ministro italiano”.
L’ambasciatore Meloni, la cui protesta è stata pubblicata il 20 maggio dal National Post, ha spedito la sua nota anche al Corriere Canadese, il giornale della comunità italo-canadese. “Non ce l’ho fatta a ridere davanti alla vignetta del National Post” ha scritto l’ambasciatore italiano “perché l’ho trovata gratuitamente offensiva nei confronti delle istituzioni italiane e dei cittadini italiani che scelgono i loro leader, come i canadesi, attraverso elezioni democratiche. Non sto certo mettendo in discussione la completa libertà del Post di riservare la propria ironia per il politico del giorno: i politici sono abituati alla critica e hanno gli strumenti per difendersi. Quello che metto in discussione è la frase che è a carico di un intero Paese, un Paese che è amico e alleato del Canada e fa parte della sua identità multiculturale.”
Oltre all’ambasciatore e al presidente del Congresso nazionale degli italo-canadesi, la vignetta ha suscitato le proteste di molti lettori del National Post di origine italiana.
Per carità, l’ambasciatore Meloni fa il suo dovere e così pure il presidente Tibollo. Ma non è colpa di Gary Clement né del National Post o del New York Times se il primo sporcatore dell’immagine italiana all’estero è quel presidente del Consiglio mai dimessosi per lo scandalo Ruby, e che passerà alla storia come l’inventore del bunga-bunga.