Il presidente degli Stati Uniti ha concluso oggi la sua visita ufficiale nel Regno Unito. Faccia a faccia con il premier Cameron, sul piatto i temi di politica internazionale, in primis il rafforzamento dell'intervento contro Gheddafi
Sicuramente è stata la Libia il centro dell’incontro. Se Obama ha dovuto ammettere che è “impossibile fissare i tempi della missione”, quindi stabilire il termine dell’operazione, Cameron ha annunciato la volontà di “alzare l’intensità dell’azione militare” sul regime del raìs. La Gran Bretagna, insieme alla Francia, sta studiando la possibilità di inviare nuovi aiuti militari agli insorti, in particolare quattro elicotteri Apache, che dovrebbero dare un ulteriore consistente colpo alle difese di Gheddafi (sia Cameron sia Obama hanno comunque ancora una volta escluso l’opzione dell’attacco di terra).
L’aumento dei raid sulla Libia – e quindi una conclusione il più possibile veloce del conflitto – è del resto necessaria a tutta la coalizione occidentale. E’ fondamentale per Barack Obama, che ha bisogno di tempo ed energie finanziarie per dedicarsi al ritiro dall’Afghanistan, che dovrebbe iniziare nell’agosto 2011 e che rappresenterà un tema fondamentale della campagna per le prossime presidenziali. Ma è fondamentale anche per la Gran Bretagna e gli alleati europei, che sull’operazione in Libia hanno puntato molte delle speranze di un’Europa diplomatica e militare il più possibile autonoma dagli Stati Uniti. Al contrario, il prosieguo indefinito dei raid fa comodo soprattutto a Gheddafi, che può giocare la carta delle vittime civili e sperare su eventuali divisioni nella coalizione.
Strettamente legata alla guerra in Libia è poi la questione delle rivolte arabe. Obama e Cameron hanno annunciato che domani, al vertice del G8 a Deauville, si discuterà di un piano di aiuti, rivolti soprattutto a Egitto e Tunisia. La settimana scorsa il presidente americano aveva assicurato l’appoggio di Washington ai due Paesi, con cancellazione dei debiti e prestiti garantiti per l’Egitto e accordi commerciali e investimenti in Tunisia. A Deauville, FMI e Banca Mondiale presenteranno un piano ulteriore di aiuti. L’uscita di scena dei vecchi dittatori arabi a favore di regimi più democratici (Obama è stato ancora una volta particolarmente duro nei confronti del presidente yemenita Abdallah Ali Saleh: “Se ne deve andare immediatamente”, ha detto) è – anche questa – una necessità ineludibile per gli occidentali. Gran Bretagna e Unione Europea hanno bisogno della stabilizzazione economica del nord-Africa per attenuare l’impatto dei movimenti migratori verso l’Europa. Gli Stati Uniti hanno bisogno di quella stabilizzazione per mantenere la propria influenza – militare e di intelligence – nell’area, e placare il nervosismo dell’Arabia Saudita, che vede con sempre maggior fastidio l’appoggio americano alle richieste di democrazia dei popoli arabi.
Oltre a un nuovo richiamo alla necessità che il Pakistan faccia di più nella lotta anti-terrorismo (“Bisogna lavorare più strettamente con Islamabad”, ha detto Cameron), l’altro risultato politicamente rilevante del vertice riguarda il processo di pace in Medio Oriente. L’obiettivo è quello “dei due stati, Israele e Palestina”, ha detto Obama. Ma sia il presidente americano, sia il suo ospite inglese, hanno confermato la loro contrarietà alla proclamazione di uno stato palestinese, al di fuori del processo di pace, il prossimo settembre alle Nazioni Unite. Una posizione che promette di sollevare nuove violente critiche, e proteste, da parte dell’intera dirigenza palestinese.