Barberi, De Bernardinis, Boschi, Selvaggi, Calvi, Eva e Dolce sono accusati di omicidio colposo plurimo e lesioni. Al centro dell'inchiesta il mancato allarme prima del sisma del 6 aprile 2009. Agli atti le telefonate tra il capo della Protezione civile Bertolaso e il suo vice Barbieri: "Mi sembra che quello che dovevamo fare l'abbiamo fatto"
Gli imputati sono Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi rischi; Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile; Enzo Boschi, presidente dell’Ingv; Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case; Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova, e Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile. L’udienza in composizione monocratica è stata fissata per il 20 settembre prossimo. Soddisfazione è stata espressa dai familiari delle vittime del terremoto, mentre gli avvocati difensori degli imputati hanno annunciato “battaglia” in sede processuale.
Il rinvio a giudizio per i setti membri della Commissione chiude una fase del processo, quella relativa alla riunione del 31 marzo 2009 a L’Aquila, solo 6 giorni prima del terremoto. In quell’occasione i vertici della Protezione civile e i membri del Commissione Grandi rischi, presieduta da Barberi e Boschi, si incontrarono per valutare il grave sciame sismico che da tre mesi toglieva il sonno agli aquilani. “In quella riunione – è la conclusione dei magistrati – poteva essere dato un allarme che almeno lasciasse la libertà ai cittadini di decidere cosa fare”. Se evacuare oppure semplicemente dormire fuori casa in quelle lunghe notti dei primi di aprile 2009 in cui la terra a L’Aquila tremava in continuazione.
La procura aveva aperto il fascicolo sul mancato allarme poco dopo il sisma che ha ucciso 308 persone e ferito altre 1600. Perché dopo tre mesi di scosse che erano diventate molto intense nella settimana tra il 30 marzo e la sera del 5 aprile 2009, nonostante il sindaco Massimo Cialente il 2 aprile avesse dichiarato e chiesto lo stato di emergenza, nessuno si è preoccupato di avvertire la popolazione che c’era un rischio? Anzi, tecnici e politici tranquillizzavano gli aquilani. Proprio per questo quella notte all’Aquila erano in servizio solo 15 vigili del fuoco per il centro città e 63 frazioni. Nel fascicolo della procura anche la denuncia dell’avvocato Antonio Valentini (Guarda il video) per cui “se è vero che un terremoto non può essere previsto, ugualmente non può essere vero il contrario. E allora perché la cittadinanza non è stata informata?”.
Nei giorni che precedono il 6 aprile un tecnico della Protezione civile e Guido Bertolaso si scambiano al telefono messaggi allarmanti che vengono trascritti dal Reparto operativo speciale (Ros) dei Carabinieri nell’ambito dell’inchiesta Grandi Eventi – G8 della procura di Firenze. Trascrizioni finite negli atti dell’inchiesta della procura dell’Aquila che oggi ha rinviato a giudizio proprio i vertici della Protezione Civile e della Commissione Grandi Rischi.
Il 12 marzo del 2009, alle 21.46 Fabrizio Curcio, un tecnico della Protezione Civile, chiama Bertolaso:
BERTOLASO:…si Fabrizio
FABRIZIO:…dottore buonasera
BERTOLASO:…scusi …
FABRIZIO:…volevo solo avvertirla che mi ha chiamato Altero Leone …ed io ho già parlato anche con Luca perché in Abruzzo … a L’Aquila in particolare .. c’è di nuovo quello scemo che ha iniziato a dire … che stanotte ci sarà il terremoto devastante
BERTOLASO:…eh ma chi è questo?… chi è non so … chi è questo?
FABRIZIO:…è Giuliani che ogni tanto se ne esce con queste dichiarazioni e trova terreno abbastanza fertile in ambito media quindi poi là la voce corre e la gente si mette in ansia …insomma quindi .. non è la prima volta che succede … mi diceva Altero …
BERTOLASO:…ma come non è la prima volta che succede! ma che stai dicendo?! Quello è un coglione e io lo denuncio per procurato allarme… »
Il 17.03.2009, ore 07.23,il Ros trascrive un sms che Fabrizio Curcio in via a Bertolaso:
Stanotte 3.6 in prov. di Aquila. Avvertito. Un po’ di apprensione tra la popolazione ma niente danni.
Il 31 marzo 2009, la sera in cui la Commissione si riunisce a L’Aquila, Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi rischi, chiama Bertolaso appena termina l’incontro.
BERTOLASO:…pronto
BARBERI:…sono Franco Barberi … ciao Guido
BERTOLASO:…ciao Franco … dimmi tutto
BARBERI:…stiamo rientrando con Chicco da L’Aquila
BERTOLASO:…sì
BARBERI:… ma mi sembra che quello che dovevamo fare l’abbiamo fatto … compreso quello di dare qualche parola chiara sulla impossibilità di previsione … quindi sul fatto che questi messaggi che arrivano sono totalmente privi di credibilità e poi anche una valutazione della situazione che insomma mi pare .. tutto bene ».
Insieme ai report della Protezione civile, ai pareri di sismologi, alle analisi dei geologi, agli atti è finito anche lo studio degli ingegneri sismici Giuseppe Guandori e Elisa Guagenti sulla probabilità di prevedere una forte scossa in un determinato territorio. “Resta inspiegabile il fatto che i responsabili della Protezione Civile, oltre a scegliere l’opzione allerta-no (scelta legittima se pur criticabile dal punto di vista metodologico), abbiano potuto assumersi la responsabilità di scoraggiare le iniziative di prevenzione che molti cittadini suggerivano o autonomamente assumevano”, si legge nello studio “Prevedere i terremoti: la lezione dell’Abruzzo” firmata da Grandori e Guagenti, il primo professore emerito e la seconda ex professore ordinario del Politecnico di Milano. Comincia così: “È opinione largamente condivisa che non esistano attualmente teorie e modelli matematici che consentano di affrontare utilmente il problema della previsione a breve termine dei terremoti… Su questa tema, il messaggio passato attraverso l’informazione dopo il terremoto del 6 aprile è stato: la previsione dei terremoti non è possibile”.
I due professori del Politecnico esaminano la scelta che avrebbero dovuto prendere i capi della Protezione civile – allerta sì, allerta no – ragionando sui costi, sui disagi, sulle conseguenze dei falsi allarmi e poi indicano cosa non è stato fatto da chi aveva il dovere di fare. Nello studio, i due studiosi sostengono in pratica che la Protezione civile avrebbe dovuto individuare dei luoghi di raccolta, organizzare l’evacuazione dagli ospedali, provvedere all’abbandono delle case danneggiate, ordinare l’arrivo di mezzi di trasporto. Insomma, la protezione avrebbe dovuto proteggere. Ma non l’ha fatto.
”Penso di aver fatto sempre il mio dovere, e credo che nessuno possa dire il contrario”, ha commentato per primo il presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Enzo Boschi.