All’alba di oggi i Carabinieri di Bologna, che hanno lavorato assieme ai colleghi dei Comandi Provinciali di Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Ravenna, Forlì, Rovigo e Reggio Calabria hanno eseguito 25 ordinanze di custodia cautelare, 15 in carcere e 10 agli arresti domiciliari, che fanno parte delle 32 emesse dal Gip Pasquale Giannitti, di cui 21 in carcere e 11 ai domiciliari. Inoltre ci sono state 59 perquisizioni; il tutto su richiesta del procuratore aggiunto di Bologna Massimiliano Serpi. Gli arrestati appartengono a un’organizzazione criminale per lo più composta da soggetti di origine calabrese.
L’operazione, denominata “Marte” dal cognome di uno dei promotori, ha avuto inizio grazie al controllo di possibili infiltrazioni mafiose calabresi nel tessuto economico e produttivo della provincia di Bologna. Le indagini sono iniziate nell’ottobre del 2008 dopo il monitoraggio di una pizzeria d’asporto nel quartiere San Donato. Successivamente è emerso che la droga proveniva parte dall’area calabrese di San Luca e parte dall’Albania e dall’Olanda. Droga che veniva distribuita, confezionata e venduta ai clienti.
Le basi logistiche in città erano differenti: un’abitazione di via Porrettana a Casalecchio di Reno, un locale di via San Donato, un’abitazione di via Scandellara, un garage di via Massarenti e uno di via Pontevecchio, e un locale di via Emilia a San Lazzaro.
Dalle indagini è emersa con chiarezza l’esistenza di una fascia intermedia di personaggi indispensabili all’esistenza del consorzio criminale. Incensurati, alcuni con un titolo di studio universitario, che ricevevano quantitativi costanti di cocaina, provvedendo in proprio a piazzare il prodotto. Sono 300 gli acquirenti, segnalati alla Prefettura di Bologna. Tra questi ci sono molti professionisti, come avvocati, commercialisti, medici, infermieri, attori, commercianti. Un “uso di cocaina trasversale”.
Mentre per tre arrestati l’accusa è di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, sui i restanti grava quella di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
Gli investigatori del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Bologna avevano avviato le indagini concentrandosi soprattutto sugli spostamenti da San Luca a Bologna di Antonio Marte, da cui il nome dell’Operazione; trentenne nato a Locri, in provincia di Reggio Calabria e residente a Benestare. E di Saverio Salvatore Pizzata, 41enne di Locri e residente a San Luca.
Viaggi durante i quali ascoltavano in macchina le canzoni del cantante calabrese Angelo Furfano; testi che riproducono l’antagonismo fra forze dell’ordine e delinquenti. Esaltano i malandrini e prendono in giro le forze dell’ordine: “da tutti i carabinieri sono ricercato, in tutte le caserme sono schedato, sono pericoloso non sono un bambino ho gli artigli pronti come un lupo”; o ancora “venite brigadiere a prendere la mia pelle. Sento una voce portata dal vento, la voce di un uomo che sta morendo, avvolto pieno di sangue i un cappotto c’è il corpo freddo di un uomo morto”.
Il gruppo si approvvigionava di cocaina in Calabria, per poi trasportarla a Bologna e distribuirla ad acquirenti stabili, che a loro volta la rivendevano. Antonio Marte si occupava soprattutto del reclutamento dei corrieri per i viaggi dalla Calabria e degli abituali acquirenti come Alessandra Barretta, neo laureata in scienze politiche e rappresentante per la vendita al dettaglio di ricambi per auto o Giuseppe D’Uva, gestore di un distributore di benzina. Saverio Salvatore Pizzata, invece, si occupava di gestire direttamente i “carichi” di cocaina provenienti dalla Calabria prima di immettere la droga nel tessuto bolognese.
Molto redditizia ad esempio si è rivelata l’attività di un distributore di benzina di via Massarenti gestito da Giuseppe D’Uva, che era considerato un importante punto di smistamento della cocaina. D’Uva infatti riceveva la droga e poi riforniva i suoi numerosissimi clienti.
n.l.