Intervista a Max Parisi, tra i fondatori di Telepadania, da sempre critico del premier, coniò le espressioni "venerabile pataccaro" e "signore di Orcore". Oggi dice che il premier non ha più carisma, e che per la Lega è arrivato il momento di tirare le somme
Parisi, ci sembra di tornare al 2001 quando la Lega voleva spaccare l’Italia.
L’ha detto anche Bossi: se si perde Milano è difficile restare al governo. La questione settentrionale c’è e non ha una soluzione, il paese è a due velocità. La cosa migliore è la separazione consensuale.
La secessione si fa chiamando a raccolta i fucili come dice Bossi?
Ma no, per favore. Si fa con la raccolta firme, come fece la Lega nel 1997 per chiedere l’abrogazione della Turco-Napolitano. E’ un partito pacifico e democratico, ci vuole un’adesione di massa per giustificare un progetto così importante. Bisogna fare una repubblica federale sulla base del modello americano, dove i poteri centrali sono ridotti. La secessione non la fa un partito ma un popolo.
In cosa consiste il ‘declino di Berlusconi’?
Ai funerali de L’Aquila aveva conquistato gli elettori sedendosi tra i parenti e non tra i papaveri del potere. Aveva anche pianto, era autentico. Quell’immagine è stata demolita da Noemi Letizia, dal Bunga bunga e dalle vicende giudiziarie. Agli elettori non interessano i processi sui diritti tv, non è lì che perdi l’elettorato. La questione è morale e, dunque, politica. Nonostante le ipocrisie questi due aspetti vanno a braccetto.
Infatti i leghisti sono moto arrabbiati con Berlusconi dopo l’ultima tornata elettorale.
Ci sono molte aspettative su quello che la Lega può fare al governo. La macchina democratica è lenta e ha vissuto l’ostracismo di Fli che era contro federalismo e decentramento. La delusione c’è: sono passati tre anni ma l’elettorato ha una base intransigente e poco propensa allo sviluppo normale della vita politica. La base leghista è rivoluzionaria, anche se non in senso marxista leninista.
Anche Alessandro Sallusti, vicedirettore del Giornale ha detto a Vanity Fair che la Moratti non ce la farà.
Vincere mi pare complicato ma ci possono essere sorprese. Non sono come Saragat che alla sconfitta diede la colpa al destino vile e beffardo. La Lega ce la sta mettendo tutta.
Anche il Pdl. Eppure la campagna elettorale tra gli attacchi a Pisapia terrorista e i manifesti di “Via le Br dalle Procure” non ha dato buoni risultati.
Quelli sono fuochi fatui, i giochi erano fatti. Si potevano risparmiare queste boiate e il manifesto ignobile di Lassini. Ma non è li che perdi. Perdi quando finisce la fiducia nella persona. E Berlusconi comincia ad andare molto stretto.
E va stretto solo ai leghisti?
No. A Milano non sono i voti della Lega che sono mancati alla Moratti. I più intransigenti credono che il Carroccio non porti più risultati, ma se il Pd aumenta così tanto allora non è l’elettorato leghista, ma sono gli elettori del Pdl ad essere imbufaliti con Berlusconi. Quindi non lo votano più. La Moratti non è andata in giro con l’amante e l’auto blu, la sua esperienza di amministrazione è stata modesta, ma non ha combinato danni irreparabili. Sono gli elettori del centrodestra che, amareggiati e disgustati, hanno detto basta al Cavaliere.
I leghisti voterebbero Pisapia per protesta?
No. La massa vota la Moratti. L’elettorato della Lega è molto fedele e ha sempre seguito le indicazioni di Bossi. Al di là di Berlusconi il progetto è grande: il Carroccio può fare le riforme solo con la destra perché la sinistra non ha condiviso il federalismo. Sbagliava D’Alema a definire la Lega “una costola della sinistra”.