I genuflessi del “governo del fare” non avevano risparmiato i soliti peana quando il governo aveva deciso di costituire il nuovo ministero e affidarlo a una delle più straordinarie personalità del nostro paese, Michela Vittoria Brambilla. Passando per via della Ferratella del Laterano, strada che costeggia la cinta delle mura Aureliane alle spalle di San Giovanni in Laterano, avevo scorto qualche giorno fa sopra l’ingresso di uno degli edifici che ospitano le funzioni dello Stato una scritta di grandi proporzioni, nuova di zecca che afferma: Ministro del Turismo. Proprio così, ministro. Mica ministero. Ho scattato una foto perché nessuno avrebbe creduto una cosa simile. Eccola. Sotto le bandiere italiana ed dell’Unione europea potete vedere l’incredibile scritta.
Ecco il senso dello Stato dei berlusconiani. Se il povero sindaco di Adro aveva tentato di fare una scappatella stampando il simbolo della Lega in ogni luogo della scuola elementare, oggi è un ministro che si sostituisce all’istituzione. Potevano scrivere dipartimento se non era ancora costituito il Ministero. Niente affatto: le istituzioni vanno cancellate. Chissà quale effetto farà ad un omologo esponente dei più fortunati paesi d’Europa abituati ad aver chiara la distinzione tra istituzioni e ministri transeunti, ricevere la convocazione di una riunione che si svolgerà presso “la sede del Ministro del Turismo”. Il sistema Italia ci fa senza dubbio una gran bella figura.
So bene che questo disgustoso episodio sembrerà poca cosa rispetto alla demolizione delle fondamenta dello Stato in atto da tre anni. Vendita delle proprietà pubbliche; distruzione della scuola pubblica; smantellamento e privatizzazione di interi comparti della sanità; affidamento ai privati per venti anni della proprietà demaniali, sono infatti questioni ben più gravi della scritta di via della Ferratella. E’ però indispensabile tenere l’attenzione accesa anche verso questi fatti apparentemente marginali perché dimostrano una volta di più la crisi istituzionale che soffoca il nostro paese. Se non c’è più lo Stato c’è posto per amici, clienti, consulenti e quant’altro. E qualcosa in questi anni è venuto a galla, a partire dalla cricca della Protezione civile o dalle assunzioni facili di qualche ministro.
Sarebbe infine bello se i nostri ministri, così esigenti con il mondo dell’immigrazione nel richiedere la conoscenza della lingua e della nostra cultura, siano essi stessi sottoposti a tali esami. Quella che riportiamo, compreso l’improbabile italiano della conclusione, è una dichiarazione del ministro Brambilla rilasciata l’11 maggio 2009: “Mi sembra tanto ovvio quanto superfluo evidenziare che è solo il governo Berlusconi a decidere se, come e quando destinare risorse al settore del turismo italiano piuttosto che ad altri comparti, secondo quelle che sono le nostre priorità e l’agenda dei nostri interventi a sostegno dell’economia e dello sviluppo. E non certo seguendo le astratte politiche di coloro che ci hanno preceduto, peraltro incapaci, nei fatti, di dare concrete risposte al settore e di riformarlo“. Ci vuole l’esame d’italiano e di Costituzione, ma per i ministri.
Hanno mutuato dai regimi autocratici dei secoli scorsi il motto “lo Stato sono io”. In quei secoli bui, imperatori e tiranni erano almeno alfabetizzati. Oggi si confonde Bad Godesberg con Goteborg e si hanno difficoltà con la sintassi. E allora, invece di trasferire i ministeri si potrebbero trasferire i ministri. Aria pura a Roma, finalmente.