Incompatibilità ambientale. È il giudizio espresso dalla prima Commissione del Csm sul procuratore capo di Ferrara, Rosario Minna. Una incompatibilità che potrebbe derivare – il condizionale è d’obbligo – da presunti contrasti insanabili all’interno della procura su una serie di inchieste e, una tra queste vedeva tra gli indagati anche Massimo Ciancimino. Un’incompatibilità che potrebbe portare il plenum del Csm anche all’estrema conseguenza, e cioè il trasferimento del procuratore in un’altra città. Il magistrato, interpellato sulla vicenda, preferisce non parlare.
Che tra procuratore capo e alcuni pm non corresse da tempo buon sangue era noto. Gli interrogativi sul clima che aleggiava all’interno della magistratura ferrarese erano aumentati poi lo scorso novembre, quando il ministro Alfano ordinò un’ispezione affidandola ad Arcibaldo Miller. L’ispettore “mangia toghe” interrogò lo stesso Minna, alcuni pm ferraresi e l’avvocato Fabio Anselmo (il legale del caso Aldrovandi, della famiglia Cucchi e della vicenda Niagara, che vede imputati per concussione due carabinieri dei Noe di Bologna), che aveva depositato in estate un esposto per un episodio relativo a presunte minacce e intercettazioni telefoniche abusive nei suoi confronti. Per quei fatti la procura di Ancona, competente in procedimenti a carico di magistrati di Ferrara, aprì un fascicolo che vedeva il legale come parte offesa, inchiesta che a quanto si apprende, è già stata archiviata.
In questo intreccio di situazioni ne spunta un’altra. A rivelarla è la Nuova Ferrara. Il Csm starebbe indagando anche su un presunto caso Minna-bis. “Un’inchiesta scoppiata a Ferrara – si legge sulla cronaca locale – e che coinvolge l’Arma dei carabinieri, per aver preso provvedimenti a carico di militari in servizio a Ferrara”. Un fascicolo che sarebbe passato di mano dalla pm Angela Scorza che, dopo aver ravvisato profili penali “si sarebbe vista togliere l’indagine”.
La parola ora passerà al plenum dell’organo superiore della magistratura, che dovrebbe riunirsi a luglio. Da Roma la notizia è rimbalzata nella a Ferrara creando scalpore, tanto da spingere lo stesso procuratore capo ad aprire un fascicolo, a suo nome, sulla fuga di notizie.
E il primo atto è stato quello di far convocare dai carabinieri i cronisti di giudiziaria dei quotidiani locali. I giornalisti, alla richiesta di svelare le proprie fonti, hanno fatto valere il segreto professionale. Una circostanza che ha provocato la reazione di Associazione Stampa e Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, secondo i quali l’iniziativa del numero uno della procura “cela una inopportuna intimidazione sui giornalisti che hanno svolto doverosamente e seriamente il proprio lavoro, nonché manifesta una palese violazione al diritto di cronaca e di informare la cittadinanza ferrarese di una situazione di estremo disagio in cui si trova l’ufficio giudiziario più importante della città”.
La presa di posizione degli organi di rappresentanza dei giornalisti si allarga poi all’ambito ambientale di via Mentessi. “Da tempo i rapporti con le fonti giudiziarie si sono sempre più deteriorati se non azzerati, portando i cronisti nell’impossibilità di svolgere il proprio ruolo di informatori, senza condizionamenti, nel solo interesse di una opinione pubblica che ha il diritto di conoscere”.
Sindacato e ordine auspicano quindi “che vengano ristabilite al più presto relazioni non conflittuali e per questo si rendono disponibili ad aprire un confronto sereno con tutti gli organi giudiziari ed inquirenti”.