L'ex governatore della Banca d'Italia commenta la condanna a quattro anni decisa ieri dal tribunale di Milano e si dice convinto di avere operato per il bene comune. Consorte, condannato a tre anni di reclusione: "Verdetto sconcertante, ricorrerò"
Una sentenza che è “una grande ingiustizia”. L’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio commenta così la sua condanna in primo grado a quattro anni di carcere per la vicenda della tentata scalata ad Antonveneta da parte di Bpi. Dice di avere la “coscienza a posto” Fazio, che a uno dei suoi legali, Roberto Borgogno, spiega: “Sono sicuro di avere sempre operato per il bene e sono convinto che questa sentenza vada riformata”. Una sentenza, quella del tribunale di Milano, che stabilisce una pena maggiore dei tre anni che avevano chiesto i pm. E poi cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e una multa da un milione e mezzo di euro.
Borgogno, che assiste anche l’ex capo della Vigilanza di Bankitalia Francesco Frasca, che è stato assolto, davanti ai giornalisti ha commentato: “Alla soddisfazione per l’assoluzione di Frasca si accoppia l’amarezza per la costatazione che giustizia è stata fatta solo a metà. Il processo non offre elementi per distinguere le due posizioni. A nostro avviso è una sentenza che va rivista e riteniamo che la pena più grave per Fazio si giustifica per la sua posizione istituzionale”. Rispondendo alle domande dei cronisti, il difensore ha ribadito che la sentenza è “ingiusta nel merito e nelle dimensioni. Credo, inoltre, abbiano ritenuto attendibili le dichiarazione del dottor Fiorani rese in questo processo e che per noi sono inattendibili”. L’ex ad di Bpi Gianpiero Fiorani, condannato a un anno e 8 mesi di reclusione in continuazione con i 3 anni e 3 mesi di carcere che aveva patteggiato nel marzo del 2008, durante il suo interrogatorio in aula aveva puntato il dito contro l’allora ‘amico’ e numero uno di via Nazionale.
Di “verdetto sconcertante” parla Giovanni Consorte, condannato a tre anni di reclusione e un milione di multa. “Un teorema, una sentenza già scritta nel 2005 – dice l’ex presidente Unipol in un’intervista a Repubblica -. Ma io ho la coscienza a posto perché non ho commesso reati e non ho mai fatto parte di patti occulti. Ero sicuro di aver dimostrato la mia estraneità all’operazione Antonveneta. Perciò ricorrerò in appello”.