Sono arrivata tardi a leggere i commenti, dunque ringrazio ora complessivamente tutti i commentatori, a favore e contro il mio post sulla Logica della prostituzione (…soprattutto quelli a favore), e puntualizzo brevemente, perché il tema è vasto e complesso, e quel che ho detto era solo una piccolissima parte di ciò che c’è da dire.

«Lo dice lei che non si capisce la differenza [tra il vendersi “buono” e quello “cattivo”], io la capisco benissimo» scrive Cookie. Beh, anche io la capisco, ma il punto non è capire (nella maggior parte dei casi secondo me tutti capiscono tutto ciò che è essenziale da capire), ma far valere quel che si è capito. In moltissimi casi, un comportamento è chiaramente sleale, iniquo, inaccettabile, ma non ho a disposizione ragioni chiare e ineccepibili per dire che lo è.

Nel caso della prostituzione il terreno è scivoloso, non soltanto perché in altri paesi anche molto vicini al nostro certi comportamenti non vengono sanzionati, e il dibattito su protezionismo e anti-protezionismo è ampio e controverso; ma anche perché i giuristi stessi hanno qualche problema nel definire che cosa è qualificabile come prostituzione e che cosa non lo è.

Per esempio: se produco uno spettacolo on line in cui si consuma un’attività sessuale, e gli utenti (a pagamento) possono interagire verbalmente con gli attori, la mia attività è qualificabile come sfruttamento della prostituzione? Esiste a quanto pare una sentenza della cassazione che dice di sì, ma è molto discussa. In quale misura non si tratta, invece, di pornografia interattiva?

Quanto a stavrogin, anzitutto vorrei rassicurarlo/la: so che cosa è la logica fuzzy, e quali siano le sue applicazioni. In secondo luogo, forse ha ragione: la nozione di plusvalore non è il criterio migliore; sicuramente non è l’unico: abbiamo una quantità di criteri e parametri, applicabili nei diversi casi, per ragionare abbastanza bene in regimi vaghi. Però non sono molto convinta dei criteri alternativi che stavrogin propone (se li ho capiti). Per esempio, la «bassezza del metodo» dovrebbe essere l’indizio di un commercio immorale: già ma basso quanto? Quale punto e genere di bassezza siamo disposti a perdonare? E qual è il punto in cui un metodo può dirsi «alto»? La nostra questione fuzzy si ripresenta, inesorabilmente. Un altro criterio di stavrogin è «il corpo», vendere il corpo sarebbe immorale, vendere altro no. Ma in quale misura una ballerina o un atleta professionista non “vende” le sue prestazioni fisiche? E i vescovi, che per ragioni politiche vendono l’anima? Non sono forse molto peggio della prostituta (visto che a loro l’anima dovrebbe interessare)?

Nella tradizione c’è anche un classico criterio: la verità. Controllate i diversi casi: chi, tra coloro che si vendono, può dire di aver fatto quel che ha fatto, e di fare quel che sta facendo, senza temere conseguenze? I vescovi potrebbero dire: ‘appoggiamo l’attuale governo non perché sia il meglio per l’Italia, ma perché ci hanno promesso di far passare leggi che ci interessano’? È ovvio che la prostituta dichiarata, sia essa di lusso o di marciapiede, giganteggia moralmente, da questo punto di vista. Dunque stabiliamo: il vendersi che non può dirsi-dichiararsi è sicuramente inaccettabile.

Ma attenzione: anche in questo caso ci sarebbe ancora molto da eccepire. Per esempio un venditore di se stesso al migliore offerente, che dichiara spudoratamente di vendersi, sarebbe meglio di un poveraccio, che accetta compromessi per necessità, e non ha nessuna voglia di farlo sapere?

Spostare la questione dalla morale all’economia (plusvalore) da questo punto di vista mi sembrava utile. Per esempio può servire a capire che la prostituta che si esprime in ciò che fa in fondo non è di danno a sé e agli altri, visto che l’espressione normalmente non comporta alienazione.

Comunque sia, lo scopo di quel primo post (come di quelli che seguiranno) era cercare di far vedere che dietro le questioni morali agiscono questioni intellettuali, e che le prime non si risolvono se non si tiene conto delle seconde.

Motto:

Indignarsi è poco, è solo un passaggio intermedio. Il passaggio successivo – la minaccia più grave per il potere – è quando il popolo ragiona.

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