Ha ottenuto oltre tredicimila preferenze e contribuito alla vittoria di Merola, ma a giochi fatti qualcuno all'interno della coalizione e del suo partito solleva dubbi sul doppio incarico in Comune e in Regione. Lui replica: "Mi lascino in pace. Hanno detto che non sarei stato in grado di fare il sindaco, ma non mi tocchino sulle regole"
Eppure, anche questa volta, per Cevenini il tempo dell’entusiasmo si è esaurito presto, lasciando posto al “caso”. La bufera scatenatagli addosso sia dagli alleati, sia da alcuni ambienti interni al suo partito sulla questione del doppio incarico, sembra aver gettato un’ombra sul suo personale successo elettorale, decisamente al di sopra di ogni aspettativa. Ma Cevenini non ci sta e ribadisce che non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro: “Resto in Comune e in Regione”. E lancia un avvertimento che allude quasi se non a un abbandono del Pd almeno a una resa dei conti: “Se non vengo lasciato in pace sono costretto a reagire”.
Affermazioni che arrivano dopo giorni di polemiche per la doppia poltrona, ma anche di bocconi amari per la mancata assegnazione di un ruolo in giunta. “Non chiedo niente, ma non mi è stato nemmeno offerto niente”, aveva detto Cevenini qualche giorno fa al fattoquotidiano.it. Poi il fuoco amico del consigliere regionale di Sel Gian Guido Naldi: “La doppia posizione non onora le istituzioni di cui si fa parte”. A cui si è andato presto a sommare il malumore emerso venerdì sera in direzione Pd.
Oggi Cevenini si sfoga: “Chiedo semplicemente di essere lasciato in pace. Perché altrimenti sono costretto a reagire. Non sono minacce. Devo reagire e difendermi, non c’è il minimo dubbio”. Parole che hanno il sapore di un avvertimento, e che fanno adombrare un possibile abbandono del partito. Ipotesi esclusa subito dallo stesso interessato: “Al Pd ci credo tanto, ho fatto questa campagna elettorale per continuare a far vivere il Pd”.
Allo stesso tempo, però, Cevenini si mostra ben consapevole di avere dalla sua un enorme popolarità, che gli permette di dettare alcune condizioni. “Qualcuno poi dovrà andare a spiegare per conto mio, appena eletto in Comune, a quei 13.249 bolognesi, che hanno scritto il mio nome sulla scheda. Il mio non è un doppio incarico, ma una doppia elezione”.
È un fiume in piena, il Cev, che ci tiene anche a ribadire come i patti siano stati chiari fin dall’inizio. “Visto che in tanti mi hanno attaccato dicendo che non ero in grado di fare il sindaco, almeno non mi tocchino sulle regole – avverte – la regola è stata sancita in modo netto quando, davanti all’organismo del mio partito, ho accettato una richiesta del mio partito, non mi sono proposto candidato. Tutti sapevano tutto”. Ora l’unico desiderio è che la faccenda si chiuda al più presto, anche perché “di fronte ai successi di Milano e Napoli le piccole vicende di un consigliere comunale locale non valgono nulla”.
Inoltre “tutto questo non fa molto bene al Pd. E nemmeno a me. Sono irritato e questo mi porterebbe a non mantenere quello stile che mi è riconosciuto da tutti. E lo stile alla fine ti ricade sul fisico, è questa la cosa che mi turba di più”. Insomma il messaggio è chiaro: il Cev non molla e chi ha qualcosa da ridire “lo faccia nelle sedi opportune”.
Una lancia a favore di Cevenini la spezza il segretario provinciale del Pd, Raffaele Donini: “Vorrei terminasse al più presto questa stucchevole discussione che ci allontana anni luce dal sentimento collettivo dei cittadini – e aggiunge – Quando abbiamo chiesto a Cevenini di fare il capolista era già chiaro che non si sarebbe dimesso dal Consiglio regionale e nessuno eccepì nulla”.
Stesso concetto arriva dalla parlamentare prodiana Sandra Zampa. “Ha reso un grande servizio al Pd e non ha nessuna ragione per essere costretto a difendersi – ha fatto sapere con una nota – nel momento stesso in cui il Pd gli ha chiesto di correre per vincere le elezioni bolognesi, lo ha autorizzato ad essere contemporaneamente in consiglio comunale e regionale”.