Il governatore di Bankitalia nella sua relazione affronta i nodi del Paese dopo la crisi. Parla di crescita e di internazionalizzazione, di produttività ma anche di equità fiscale. E promuove la scelta di anticipare la manovra correttiva
L’imperativo è “tornare alla crescita”. Nella sua ultima relazione da governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, che il 24 giugno verrà designato presidente della Bce, indica le tappe della ripresa dopo la crisi economica. L’obiettivo è quello del pareggio di bilancio nel 2014, per dare stabilità alla crescita. Lo strumento è una razionalizzazione della spesa, voce per voce, senza tagli lineari. Il governatore non nasconde di condividere l’anticipo a giugno della manovra finanziaria triennale. E pone sul tappeto anche il tema della riduzione del peso delle tasse, per imprese e lavoratori.
“Oggi bisogna in primo luogo ricondurre il bilancio pubblico a elemento di stabilità e di propulsione della crescita economica – dice nel suo intervento – portandolo senza indugi al pareggio”. Bisogna allora procedere sia “a una ricomposizione della spesa a vantaggio della crescita”, sia ridurre “l’onere fiscale che grava sui tanti lavoratori e imprenditori onesti”.
I dati sono sotto gli occhi di tutti. Il deficit, quest’anno vicino al 4 per cento, è migliore della media dei Paesi dell’euro, ma il debito pubblico viaggia vicino al 120 per cento. Così, dice Draghi, “appropriati sono l’obiettivo di pareggio del bilancio nel 2014 e l’intenzione di anticipare a giugno la definizione della manovra correttiva per il 2013-14″. La manovra dovrà essere “tempestiva, strutturale, credibile agli occhi degli investitori internazionale, orientata alla crescita”, perché così consentirebbe un calo dei tassi sul debito pubblico.
Draghi traccia anche il sentiero. Non si possono ridurre gli investimento o aumentare le entrate. Va ridotta allora la spesa che serve alla gestione pubblica “di oltre il 5 per cento in termini reali nel triennio 2012-14, tornando, in rapporto al Pil, sul livello dell’inizio dello scorso decennio”. Attenzione però: “Non è consigliabile procedere a tagli uniformi in tutte le voci” perchè penalizzerebbe le amministrazioni virtuose e “inciderebbe sulla già debole ripresa dell’economia, fino a sottrarle circa due punti di Pil in 3 anni”. Serve invece “un’accorta articolazione della manovra, basata su un esame di fondo del bilancio degli enti pubblici, voce per voce, commisurando gli stanziamenti agli obiettivi di oggi, indipendentemente dalla spesa del passato”. E’ quello che i tecnici chiamano spending rewiev.
Ma c’è anche il nodo delle tasse. Draghi lo dice chiaramente. “Andrebbero inoltre ridotte in misura significativa le aliquote, elevate, sui redditi dei lavoratori e delle imprese, compensando il minor gettito con ulteriori recuperi di evasione fiscale, in aggiunta a quelli, veramente apprezzabili, che l’amministrazione fiscale ha recentemente conseguito”. E questo “incluso l’Irap”, per colpa della quale “l’aliquota legale sui redditi d’impresa supera di quasi sei punti quella media dell’area dell’euro”. Sul tema Draghi suona anche il campanello dall’arme del federalismo: “può aiutare”, dice il governatore, ma bisogna fare attenzione ad alcuni nodi cruciali. Tra questo quello delle tasse, affinchè “i nuovi tributi locali siano compensati da tagli di quelli decisi centralmente e non vi si sommino”, ha aggiunto.
“Il lascito della crisi è pesante” e nell’area dell’euro, in particolare, “la crisi del debito sovrano di tre paesi – che rappresentano insieme il 6% del Pil dell’area – ha il potenziale per esercitare rilevanti effetti sistemici”. Oltre a ciò, “il rischio di inflazione è in aumento”.
Infine, Draghi ha voluto ringraziare l’ex Presidente della Repubblica. “Saluto e ringrazio il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi per essere qui con noi”, ha detto. Alle parole di Draghi segue un caloroso applauso da parte dell’Assemblea. “Grazie Carlo”, esclama infine il governatore e scende dal palco per abbracciare Ciampi.