Secondo il Wall Street Journal, la Germania potrebbe acconsentire a un altro prestito senza chiedere in cambio la ristrutturazione del debito che danneggerebbe gli investitori, tra cui anche la Bce. Il Paese ellenico eviterebbe così il default. O, forse, prolungherebbe la propria agonia
Niente default tecnico, almeno per ora. Da tempo sull’orlo del baratro, la Grecia potrebbe trovare a breve il conforto di un aiuto extra capace di rilanciare qualche timidissima speranza di salvezza. O, assai più probabilmente, di prolungare una tristissima agonia. Con l’obiettivo di rasserenare i mercati, la Germania starebbe infatti pensando di mettere da parte momentaneamente l’ipotesi di una drastica soluzione al problema ellenico, concedendo ad Atene un nuovo prestito di emergenza senza scaricarne i costi sugli sfortunati (o avventati) possessori di titoli sovrani. Lo riferisce in esclusiva il Wall Street Journal citando fonti vicine alla questione.
Nonostante il beneficio di un prestito da 110 miliardi di euro, la Grecia ha visto crescere a dismisura le proprie probabilità di default nel corso degli ultimi mesi. Un fenomeno che ha sancito la sostanziale inefficacia del piano di salvataggio. I titoli sovrani di Atene sono ormai collocati a tassi esorbitanti (con i biennali che sfiorano il rendimento del 25%) mentre le prospettive di crescita economica restano nulle. Una combinazione tragica che non sembra lasciare spazio all’ipotesi di una risoluzione “indolore” della crisi alimentando, di conseguenza, l’idea di un default più o meno soft. Nelle ultime settimane, Berlino sembrava aver rotto definitivamente gli indugi suggerendo varie strategie di ristrutturazione dei conti che avrebbero danneggiato in ogni caso gli investitori. Dalla proroga dei termini di scadenza dei titoli (il famoso rescheduling o reprofiling che dir si voglia) al taglio dei rendimenti sulle obbligazioni (il temuto haircut), la parola d’ordine sembrava essere una sola: burden sharing, condivisione delle perdite. In pratica si sarebbe chiesto agli investitori di rinunciare momentaneamente, o eventualmente anche in via definitiva, a una parte dei rendimenti attesi. Come a dire, di fatto, il default delle obbligazioni con conseguente sostituzione di queste ultime con titoli equivalenti ma a scadenza differita (nel primo caso) o con bond meno redditizi nella peggiore delle eventualità. Un’idea momentaneamente tramontata.
“La Germania ipotizza di rinunciare a premere per un riscadenziamento delle obbligazioni greche per facilitare un nuovo pacchetto di aiuti” scrive il Wsj. “Le concessioni di Berlino per ulteriori prestiti, anche non accompagnati da un burden-sharing di breve periodo, aiuterebbero l’Europa a superare il proprio impasse sui finanziamenti tuttora necessari alla Grecia prima che il Paese si trovi a corto di liquidità alla metà del mese di luglio”. Secondo gli analisti Ue, Atene si troverebbe ad affrontare un gap finanziario aggiuntivo di circa 30 miliardi di euro nel biennio 2012-2013 generato tanto dalla riduzione delle entrate statali (su cui pesano il calo del Pil, ovvero dell’imponibile, e la diffusa evasione del fisco) quanto dai giganteschi interessi concessi agli acquirenti dei bond sovrani. Il Fondo monetario internazionale sarebbe teoricamente disposto a rimettere mano al portafoglio per ricapitalizzare le casse elleniche, ma l’intervento è tuttora sospeso in attesa che il governo locale fornisca i dovuti chiarimenti sul piano di gestione dei fondi richiesti.
In attesa di coinvolgere direttamente il Fmi, la palla passa ora ai ministri finanziari dell’Unione chiamati a una prima riunione domani a Vienna. Sul tavolo le nuove proposte elleniche di taglio alla spesa e privatizzazione degli assets statali, ipotesi, queste ultime, che dovranno convincere le autorità continentali a concedere un nuovo sostegno finanziario. Il tempo a disposizione è poco, come si è capito da più parti, e le difficoltà non mancano, viste le ovvie resistenze di quei Paesi membri (Finlandia in testa) non più disposti a scaricare sui propri contribuenti quei costi di salvataggio che potrebbero essere trasferiti, in realtà, ai titolari dei bond. Il ragionamento fila che è un piacere se non fosse che a scommettere sui titoli ellenici non sono state soltanto le banche private e i fondi speculativi ma anche, particolare non da poco, la stessa Bce. E qui le cose si complicano, ovviamente.
L’istituto centrale si oppone da sempre alla ristrutturazione del debito, tanto a fronte delle perdite quanto, soprattutto, per il timore di quei contraccolpi sull’euro di cui già si vedono i primi segnali. E non è un caso che proprio la notizia di un ammorbidimento della posizione tedesca abbia già garantito un certo sollievo sulle piazze. Alle 13 di oggi l’indice AllShare di Piazza Affari registrava un rialzo dell’1,61% (+1,73% per l’indice Ftse Mib) in linea con la tendenza espressa da Francoforte (+2%), Londra (+0,9%) e Parigi (+1,5%). In ripresa anche l’euro, scambiato a 1,44 con il dollaro contro l’1,428 di ieri.