Colpisce, nel voto amministrativo, l’intelligenza dell’elettorato. Il popolo napoletano ha pensato da solo a sbrogliare matasse come quella di Napoli, che i partiti (Pd in testa) avevano grandemente contribuito ad aggrovigliare; la borghesia milanese ha affidato Milano a Pisapia, trattato fino a sabato come un brigatista; le partite Iva di Novara e Gallarate, per citarne che due, hanno detto basta con le prese per i fondelli… E persino a Trieste, che è la mia città, c’è stato il ribaltone. Dico «persino» perché il muro da abbattere, a Trieste, non era solo quello berlusconiano. Ad abbattere quel muro, del resto, ha pensato per prima la stessa destra, dividendosi tra baruffe e ripicche assai spettacolari. Il vero muro che è stato abbattuto è stato quello, tutto novecentesco, del peso della storia e delle sue tragedie. Parlo ovviamente della Risiera, delle foibe, dell’esodo dall’Istria e Dalmazia, della contrapposizione nazionale tra italiani e sloveni. Quel peso che ci si trascina dietro per generazioni, come se i figli, e anche i nipoti, dovessero pagare in eterno le colpe o le responsabilità di padri e nonni. Così è stato per tutto il dopoguerra a Trieste. Il Pci, volente o nolente, era il partito erede dello slavo-comunismo, quello delle foibe. Chi ci avesse militato non poteva accedere direttamente alle massime responsabilità. Poteva farlo, eventualmente, solo se ben accompagnato da un garante di democrazia: fu il caso di Riccardo Illy negli anni ’90.
Il neosindaco Roberto Cosolini ha invece abbattuto il tabù. E’ stato del Pci anche lui (è del ’56), e per quel che lo conosco non se ne è mai vergognato. E’ stato anche brillante assessore regionale con Illy. Ha fatto una campagna elettorale di porta in porta, rione per rione, presentandosi come servitore laico ed entusiasta della cosa pubblica, innamorato della sua città. E finalmente, a quasi settant’anni dalla guerra, la diffidenza si è dissolta, il bando è stato tolto. Merito suo, certo. Ma merito anche di un elettorato che ha detto basta ai fantasmi, e basta a una destra che di quei fantasmi aveva fatto una rendita che pensava vitalizia, ben prima che arrivasse Berlusconi. Lo segnalo perché non sto nella pelle dalla gioia, ovviamente, ma anche perché la ricchezza dell’Italia è fatta delle sue diversità. E ogni vittoria elettorale si porta dietro le sue peculiari fatiche: quelle di Trieste, credetemi, non erano dappoco. Credo sia bene saperlo, tutto qua.