Che l’ordine del Capo sia quello di serrare i ranghi lo si capisce anche dall’insolito squillo a vuoto dei telefoni degli esponenti leghisti. Persino il centralino di via Bellerio, quartier generale del Carroccio, non riesce a rintracciare nessuno. E il solitamente disponibile segretario nazionale, Giancarlo Giorgetti, non è raggiungibile. La batosta del ballottaggio ha spinto tutti al silenzio. Per sentire la voce di un leghista bisogna chiamare a Varese, la “Stalingrado della Lega Nord”, dove un soddisfatto Attilio Fontana si gode il successo elettorale che gli garantisce altri cinque anni alla guida della sua città. Un successo decisamente risicato rispetto alle previsioni e alle potenzialità, una partita vinta allo scadere dei supplementari.
Al ballottaggio Fontana è stato riconfermato con il 53.89% delle preferenze, contro il 46.37% della sfidante Luisa Oprandi. Per vincere è stato fondamentale l’appoggio dell’Udc, tenuto a distanza come la peste nera alla vigilia del voto amministrativo. “Sono soddisfatto per il risultato ottenuto”, ha commentato Attilio Fontana, che con una battuta ha detto di essere come l’ultimo dei Mohicani: “L’ultimo in questa tornata elettorale – precisa il sindaco di Varese -, in realtà ci sono un sacco di città importanti, come Verona, che sono tutt’ora amministrate dalla Lega”. Varese è tra le poche realtà ad aver retto l’onda d’urto del vento del cambiamento e il sindaco trova le ragioni del successo nei toni soft, a differenza di quanto accaduto a Milano: “È stata premiata la buona amministrazione, poi abbiamo fatto una campagna elettorale basata sui contenuti e non ci siamo mai lasciati andare agli insulti, penso che questo sia stato apprezzato dagli elettori”.
Quando gli si fa notare che da un candidato leghista a Varese ci si aspettava un’affermazione bulgara, Fontana ammette: “Il dato è sotto le aspettative, ma è stato falsato da una questione più emotiva che politica. Dovevamo vincere al primo turno, ma senza l’Udc e con una serie di liste minori in concorrenza diretta, non siamo riusciti a spuntarla per pochi voti. Nel secondo turno l’emotività, spinta dal vento milanese, ha modificato in corsa il risultato”. Il vento milanese dopo aver sferzato Rho e Desio, si è spinto fino a Novara, dove ha soffiato altrettanto forte, tanto che il candidato leghista Mauro Franzinelli da oggi veste i panni scomodi dello sconfitto illustre. Da segretario provinciale del Carroccio ha perso il ballottaggio nella città del presidente Roberto Cota: “Un risultato inaspettato – ha detto -. Paghiamo la tendenza nazionale, che non ha giocato a nostro favore. Prendiamo atto di questo dato e promettiamo un’opposizione rigorosa, certo per questa sconfitta saranno da valutare le responsabilità a livello locale”. Ma delle responsabilità a livello locale nessuno vuole parlarne al momento.Da Roberto Cota a Matteo Salvini passando per Marco Reguzzoni. Silenzio.
Anche su blog e siti ufficiali non si trovano commenti aggiornati: Salvini è fermo al 25 maggio, Cota al 27. Unica eccezione le pagine facebook dei big, come quella di Maroni, dove non mancano i botta e risposta tra gli iscritti, alla ricerca di una spiegazione alla batosta delle urne. Da Bergamo il deputato leghista Giacomo Stucchi, ha affidato al suo blog le riflessioni del giorno dopo: “Che si sia trattato di una “legnata” dell’elettorato all’indirizzo della maggioranza nessuno può negarlo – scrive Stucchi -. I cittadini si trovano alle prese con una crisi economica che morde di più proprio in quella parte del Paese più produttiva. Se c’è una zona che soffre è il nord. Ed è per questo che bisogna accelerare al massimo sulle riforme”. E poi continua indicando la strada per risalire la china, “Servono vantaggi immediati per le famiglie e le imprese. In primo luogo attraverso una riduzione della pressione fiscale su imprese e lavoro”.