A Milano, la sera della vittoria di Pisapia, si è respirata una grande energia. Ci ha preso davvero bene. Si percepiva un fermento politico, in quella piazza Duomo strapiena di gente. Un fermento che viene soprattutto dai giovani molti dei quali, probabilmente, dalla politica sono sempre stati lontani. In piazza c’erano i precari e la generazione precaria milanese che spera (o si illude) che il cambiamento possa venire dall’alto. Il desiderio politico, i sogni di questa generazione non vanno snobbati. Tuttavia, va riconosciuto che la sinistra, per la prima volta, ha fatto una campagna usando la comunicazione in modo nuovo. E’ innegabile, tra l’altro, come i social network siano stati determinanti nello smontare la campagna di paura e terrore verso “i comunisti che mangiano i bambini” avviata dalla destra.
Eppure, lo confessiamo, innervoscisce l’idea che tutta questa politica dall’alto finisca per frenare le rivendicazioni che dovrebbero liberarsi in un momento come questo, con la Grecia allo sfascio, la Spagna che si sta svegliando dopo 10 anni di governo Zapatero e un’immensa crisi economica causata dai processi di finanziarizzazione. In Italia non siamo lontani da tutto ciò: la schizofrenia individuale è totale, c’è chi non riesce a fare la spesa per i figli e chi si indebita per prendersi lo scooterone, c’è chi è costretto ad andare all’estero a studiare perché qui non ci sono bandi di dottorato e chi si fa sfruttare di brutto, credendo ancora, con ciò, di poter salire nella gerarchia sociale. E c’è chi se la passa veramente male e allora e se la prende con gli immigrati che gli rubano il lavoro.
In questa piazza Duomo bellissima, c’erano comunque una valanga di contraddizioni: la dirigenza Pd che rosicava, Niki Vendola che si portava a casa il risultato, molti compagni che credevano di aver vinto loro le elezioni, gente che sentendo cantare Bella Ciao specificava “ma questa è la piazza contro la Moratti non dei comunisti”. Per non dire di chi ritiene che Pisapia abbia vinto “perché lui è gentile”…
Chi rischia di pagare queste contraddizioni sono tutti quelli che ieri erano in piazza con tutta la passione, d’istinto, perchè si sono stancati di vivere una vita in cui non possono scegliere niente, senza futuro, saltando da un contratto all’altro. Tutti quelli disgustati dalla destra di Berlusconi, La Russa, Bossi e De Corato. La destra che fa leva sulle nostre paure e sulle nostre insicurezze per avere consenso, la destra che sul razzismo guadagna i voti, la destra che crede che siamo tutti scemi.
La dinamica ci è piaciuta, nonostante le contraddizioni, e ci ha mandato in fibrillazione. Avremmo voluto vedere spezzoni che partivano in corteo per la città per girarsela tutta la notte, cantando e ballando, presi da una specie di estasi magica. Eppure un cambiamento si darà. Un cambiamento si darà quando avremo costruito un punto di vista precario. Per farlo, un’unica parola d’ordine: sciopero precario.