Il Regno Unito rischia di dovere pagare multe salatissime, se la sua capitale non ridurrà le emissioni inquinanti prima dei Giochi olimpici 2012, pubblicizzati come i più “verdi” della storia. Fra le misure da prendere, la riduzione 30% del traffico di Londra nell’arco di un mese: una missione virtualmente impossibile. Che, oltretutto, non basterebbe a compensare l’aumento di afflusso previsto per le Olimpiadi. L’inquinamento atmosferico è tale, nella capitale, da far rischiare ai cittadini britannici di pagare sanzioni fino a 175 milioni di sterline (circa 200 milioni di euro) al Comitato Olimpico Internazionale, e 300 milioni di sterline alla Commissione europea entro la fine di quest’anno. Oltre alle ammende, fonti ufficiali dimostrano che le emissioni dovute al traffico provocano più morti premature di fumo passivo ed incidenti stradali messi assieme, per una spesa totale di quasi due miliardi e mezzo di euro all’anno. Cifre importanti. E un imbarazzo non da poco, sia per il sindaco Boris Johnson che per il governo di David Cameron.
Nonostante l’invidiabile rete di trasporti pubblici, inimmaginabile in qualunque città italiana, Londra risulta essere una delle città più inquinate d’Europa. I livelli di Pm10, infatti, sono decisamente superiori ai limiti imposti. Una situazione drammatica e fuori controllo, soprattutto se si considerano i risultati dello Strategic Environmental Assessment della Olympic Delivery Authority, che prevedono nei giorni delle olimpiadi un ulteriore aumento del traffico.
Per ovviare al problema si stanno cercando le soluzioni più disparate, dalle classiche “targhe alterne”, ad ogni misura in grado di ridurre il trasporto privato, come del resto è stato fatto anche ad Atene e Pechino durante le passate edizioni delle Olimpiadi. Nella città cinese, infatti, durante i Giochi del 2008 erano state messe al bando oltre un milione di automobili, e addirittura chiuse alcune fabbriche.
La vittoria di Londra su città come Parigi nell’aggiudicarsi le Olimpiadi 2012 è stata dovuta soprattutto all’importanza data all’ambiente. Ma i risultati finora ottenuti sono a dir poco miseri. Alcune promesse si sa già adesso che non verranno mantenute. Ad esempio, mentre l’energia per i Giochi doveva provenire per almeno il 20% da fonti pulite e locali (in particolare da una turbina eolica situata nel parco olimpico), solo il 9% dell’energia utilizzata verrà prodotta da fonti rinnovabili. C’erano anche piani per la costruzione di pale eoliche a Hackney ed Eton, ma sono stati abbandonati.
Un altro esempio è quello dei materiali da costruzione, di cui il 90% doveva essere riciclato. Risultato? Ad oggi solo l’1% è stato riutilizzato. Sono stati poi spesi 20 milioni di sterline per ristrutturare un canale di navigazione destinato a trasportare 12mila tonnellate di materiale di scarti edili ogni settimana, ma ne sono transitate solo 3mila tonnellate nell’arco di due anni.
Le infrastrutture per i Giochi dovevano essere “progettate tenendo conto dei potenziali impatti sui cambiamenti climatici”, dando ampio spazio alle tecnologie verdi e diventando le prime Olimpiadi “a rifiuti zero”, ricorda Darren Johnson dei Verdi britannici. Invece, quanto sta accadendo è “una terribile ammissione di sconfitta”, che “contraddice tutte le promesse fatte dal sindaco sui ‘Giochi più verdi di sempre’”. Un fallimento che, con un progetto di sette anni costato miliardi ai contribuenti, “dimostra quale confusione i sindaci di Londra ed il governo abbiano fatto delle politiche ambientali”.
Inquinamento alle stelle, multe milionarie ed una città già caotica e sovrappopolata ridotta ad un enorme cantiere. Molti londinesi si domandano se ne valeva la pena. Soprattutto da quando, oltre agli insuccessi dal punto di vista ambientale, queste vicende stanno avendo un enorme impatto sul tessuto sociale della città. Aree poliedriche, affascinanti e multiculturali come Brick Lane, Whitechapel e l’East London in generale rischiano di essere distrutte per sempre, dopo il passaggio delle Olimpiadi. Ecco dunque nascere in modo spontaneo comitati ed iniziative che, come l’interessante documentario “London Last Days”, si chiedono “se ci sarà vita dopo le Olimpiadi”.