L'ex ministro, oggi dirigente di punta dell'Udc campana, analizza la vittoria del sindaco di Napoli: "Una vittoria personale e anti-sistema. Ma attenzione, la politica si vendica di chi l'offende"
Perché De Magistris ha vinto?
“La sua è una vittoria personale. Che si realizza contro il sistema dei partiti e grazie alla sconfitta di tutti i partiti, in particolare il Pdl e il Pd”.
La circostanza la preoccupa?
“Sì, e non per la persona. Trovo preoccupante nel suo successo la conferma della più grande crisi di Napoli, quella della classe dirigente. De Magistris ha intercettato platealmente la rabbia di una popolazione che dall’ottobre 2006, i giorni delle parole del Capo dello Stato sui giorni più bui di Napoli, non è riuscita a vedere risolto uno dei problemi più banali del quotidiano, lo smaltimento dei rifiuti. Ma per il suo stesso bene, De Magistris dovrebbe ora spingere i partiti a ricostruirsi per stare al suo fianco nel proporre qualcosa di buono per la città”.
De Magistris è fiero della sua estraneità al sistema dei partiti.
“Senza i partiti si può vincere, ma difficilmente si riesce a governare. E si ricordi di Bassolino, del primo Bassolino, quello che tutti ci invidiavano, che fondava il suo successo sulla ‘personalizzazione’ della politica teorizzata dal filosofo Mauro Calise. La politica si vendica di chi l’offende”.
Però il Pd di Napoli e il Pdl campano non hanno dato prove di buongoverno su questo territorio, tutt’altro.
“I partiti sono i peggiori strumenti della democrazia, ma nessuno ne ha trovati altri migliori. Detto questo, lei ha ragione. Attenti però: la risposta alle emergenze di Napoli non può essere l’uomo solo al comando. La risposta è nella rinascita dei partiti sul terreno della democrazia interna e della selezione della classe dirigente, recuperando culture politiche smarrite. In tutta Europa ci si organizza attraverso partiti socialisti, liberali, cristianodemocratici e ambientalisti. In Italia non c’è nessun partito che faccia riferimento a queste culture. C’è una tale confusione che tre partiti, uno di centrodestra, il Pdl, uno di centro, Fli, e uno di sinistra, Sel, hanno nel loro simbolo la parola ‘libertà’: è il genericismo assoluto, nel quale nessuno sa più chi è e dove va”.
Restiamo a Napoli. In cosa hanno fallito il Pd e il Pdl partenopei?
“Se il maggiore partito (il Pdl, ndr) è guidato da una classe dirigente nata e cresciuta nel Triangolo delle Bermude tra Casal di Principe, Sant’Antimo e Afragola, questo è il segno di una decadenza della politica. Punto. Poi: lo dico senza offesa per nessuno anche perché non posso che essere garantista per la mia storia, ma se in Campania tre parlamentari sono di Casal di Principe (uno è Cosentino, ndr) è come se in Sicilia tre parlamentari provenissero da Corleone. E dispiace vedere amici e persone capaci come i parlamentari Erminia Mazzoni, Raffaele Calabrò e altri restare in silenzio di fronte al governo soffocante e autoritario di questo gruppo dirigente azzurro”.
La Carfagna provò a protestare. E’ stata ricondotta al silenzio.
“Quando c’erano partiti organizzati democraticamente, nessuno poteva essere zittito”.
Stiamo dimenticando il Pd. Che ha amministrato Napoli per 18 anni.
“Nel 2004 Bertinotti, che era parlamentare europeo come me, mi disse di Bassolino: “E’ un amico, ma ha sposato l’antipolitica”. Il danno maggiore del bassolinismo proviene dalla sua impostazione di stampo berlusconiano: il personalismo, il leaderismo, la visione proprietaria del partito, le principali cause del declino politico in Italia. Bassolino ha così azzerato una classe dirigente del Pci-Pds che a Napoli vantava uomini di grande valorecome Napolitano, Chiaromonte, Ranieri”.
Ranieri ha sostenuto al ballottaggio De Magistris.
“Un tentativo di reazione. Troppo tardi. Avrebbero dovuto costruire qualcosa prima e di diverso, non contro De Magistris o per far vincere l’uno o l’altro. Noi dell’Udc abbiamo sollecitato il Pd a trovare una personalità capace di unire i democratici e il terzo polo. Invano. Al Pd, dopo lo scazzo delle primarie che li aveva lasciati afflitti nello stupore psichico, avevamo proposto di andare insieme con Pasquino, un intellettuale, il rettore di una importante Università. Se loro invece ci avessero indicato Ranieri alla guida di una civica, pure in quel caso potevamo allearci sin dal primo turno”.
Quale sarebbe stato il significato di questa intesa?
“Le candidature Pasquino e Ranieri erano proposte di alto livello, con cui reagire alla crisi della politica, riorganizzando i partiti sul terreno della partecipazione democratica e della culture di riferimento, facendo dimenticare le organizzazioni di tipo anarchico che stanno in cima al Pd o l’autoritarismo che caratterizza la Silicon Valley casalese del Pdl. In assenza di questo, ha prevalso chi ha canalizzato la grande e legittima rabbia dei napoletani a cui nessuno ha saputo rispondere”.
Ovvero De Magistris. Che al ballottaggio ha stravinto.
“Ma dico a De Magistris le stesse cose che ripeto da anni a Berlusconi quando sostiene di essere maggioranza nel Paese. Il neo sindaco è stato votato dal 32% dei napoletani e deve essere consapevole di essere stato eletto da una minoranza. Lo dico non per delegittimarlo, ci mancherebbe altro, ma perché si ricordi sempre di essere il sindaco di tutti. E in questo i partiti sono fondamentali. Non possono e non devono lasciarlo solo, altrimenti lui non va da nessuna parte”.
Il Terzo Polo non ha dato indicazioni di voto. Ma secondo l’analisi dell’Istituto Cattaneo di Bologna, De Magistris vince anche grazie ai voti terzopolisti. L’ex pm al ballottaggio ha pescato nel 53% degli elettori di Pasquino, solo il 26% di loro ha votato Lettieri e il resto si è astenuto.
“Questi dati possono essere veri. Come li spiego? Napoli è una grande città e a livello nazionale tra noi e il Pdl c’è uno scontro alto, forte e continuo. Lasciati senza indicazioni, molti nostri elettori hanno preferito il candidato più lontano dal Pdl”.
In sintesi: a Napoli ha perso Lettieri o Berlusconi?
“Berlusconi, che dubbio c’è? La sua è una responsabilità oggettiva, da capo del governo e del partito. E’ lui che fa le nomine, è lui che coltiva questi sbagliatissimi metodi di selezione della classe dirigente azzurra napoletana. E poi questi chi sono? Lei sarebbe in grado di dire i nomi di quattro parlamentari Pdl della provincia di Napoli”?