Una volta c’era Pascal a scommettere su Dio, ora a scommettere sul calcio c’è Signori, che “un signore” non parrebbe proprio essere. Insomma, più di qualcosa è cambiato, e in peggio: “Uno che ruba per mangiare lo capisco, uno che ruba per ingrassare lo odio”, scrive un tifoso atalantino dell’(ex)idolo Cristiano Doni.
Qualsiasi tifoso degno di tal nome – chi ha scommesso sapendo della combine, ovviamente, non lo è – oggi non può non sentirsi preso per il culo: altro che salvezza, promozione o scudetto, per cosa abbiamo davvero sperato, imprecato, esultato e smadonnato fino a pochi giorni fa? “Cristo, pietà”, nemmeno possiamo dirlo, ce l’ha già scippato Beppe: ” Signori: Pietà”, battono le agenzie.
Che fare, dunque? Mentre la giustizia farà – si spera – giustizia, servirebbe uno sciopero del tifo a oltranza: al netto della maglia e della fede, farsi un esame collettivo di coscienza sportiva e decidere che A, B, C sono solo lettere truccate, non serie per cui credere, gioire e sportivamente morire. Avremo, non dico il coraggio, ma la semplice ragione per farlo? Ovviamente no, e questo dice molto di come le emozioni oggi siano – consapevolmente, a questo punto – in svendita dalla realtà, anzi, di come siano colpevolmente indifferenti alla realtà delle cose: sugli spalti, davanti alla tv, che cosa abbiamo tifato e che cosa continueremo a tifare? Il tabellino di un’associazione a delinquere o l’imprevedibilità del gioco?
Già la lettera dei nomi coinvolti fa propendere per la prima ipotesi: Doni i doni parrebbe farli più al suo portafoglio che all’Atalanta; Bettarini è già stato diviso in due: Bet-tarini; Signori è Venghino Signori, perché rien ne va plus, les jueux sont faits, chiedere a “zingari”, “albanesi” e “bolognesi” per credere.
Se la giustizia confermerà, su tutte credo un’immagine rimarrà indelebile: 19 marzo 2011, Doni che alza la maglia e dedica al padre il suo primo gol su rigore al Piacenza (3 a 0, una comica triste e truffaldina). Alla Festa del Papà non si comanda, viceversa, il calcio si può comandare?