Su Internet un articolo che fa discutere i suoi lettori vale giornalisticamente di più di un articolo che non fa discutere. E poiché il ruolo del giornalista non è quello di coltivarsi consenso, ma quello di informare e di suscitare una riflessione individuale e collettiva, ecco perché ho deciso di pubblicare due giorni fa L’Italia di Beppe Grullo, una parodia del comunicato di Beppe Grillo intitolato L’Italia di Pisapippa.
Come ampiamente previsto, quella mia parodia ha suscitato una marea di critiche da parte dei lettori de Il Fatto Quotidiano che sono anche elettori del M5S, e so che tra i due popoli c’è vasta sovrapponibilità. Non li ho contati, ma a spanne l’80% dei commenti ha stigmatizzato il pezzo, chiesto spiegazioni o addirittura insultato l’autore. Per rispetto verso coloro che hanno criticato o chiesto lumi senza insultare, pubblico ora una breve risposta.
Anzitutto: in letteratura una parodia è un controcanto di un testo noto che si distorce, si prende in giro, utilizzando amplissime parti dell’originale. In quanto tale, una parodia non deve necessariamente condurre al riso. In termini accademici, una parodia può non essere una satira, anche se spesso ha una funzione satirica nella sua componente caricaturale.
La mia parodia del comunicato di Beppe Grillo intendeva essere una presa in giro del suo testo politico, non per suscitare riso, ma per mettere in luce l’assurdità del suo stile comunicativo. Grillo, a un certo punto del suo j’accuse pregiudiziale contro il neo-sindaco di Milano, offriva un riferimento letterario ai fumetti disneyani, parlando di Zio Paperone, e io ho deciso di adottare quel cardine lì per trasformare tutti gli altri personaggi del suo comunicato in altrettanti personaggi disneyani. Un meccanismo molto banale e semplice di caricatura, che alcuni commentatori hanno colto ma la maggioranza no. Non faceva ridere? Vero, ma non è un problema, perché voleva far riflettere. E a giudicare dagli oltre 200 commenti, è riuscito almeno a far discutere.
Chi ha trovato il mio testo sconclusionato, assurdo, privo di logica e via andando, in realtà ha rivolto quelle critiche anche al testo originale di Beppe Grillo, poiché io ne ho copiato sano sano il 70-80% con due colpi di clic. Le vostre critiche e i vostri insulti sono dunque rivolti a un testo che per più di due terzi è identico a quello originale.
Distorcere il nome di Pisapia in Pisapippa è tanto elegante, utile e sagace quanto distorcere il nome di Beppe Grillo in Beppe Grullo. O la cosa piace e fa ridere sempre, o non piace e non fa ridere mai, cari elettori del M5S. Parlare di “sistema” intendendo con ciò un astratto universo fatto da “tutti i politici” (attenzione: non solo quelli che Grillo battezza come “Pdmenoelle” e “Pdl” in un sol gruppo, ma includendoci ora anche i fenomeni Pisapia e De Magistris, che come noto non sono rappresentanti del Partito Democratico), nel quale “sono tutti uguali” è tanto utile al dibattito quanto racchiudere quegli stessi politici all’interno di un “teorema“, magari di Archimede Pitagorico, tanto per restare in ambito Disney. O la cosa convince sempre, o la cosa pare assurda sempre.
Alcuni dei motivi per cui Beppe Grillo ha commesso importanti errori politici nel non appoggiare prima, e nel contrastare poi le candidature anti-sistema di Pisapia e di De Magistris sono state spiegate da questa testata dagli articoli di Vincenzo Iurillo e di Pierfranco Pellizzetti. Lo stesso Marco Travaglio ha appoggiato la candidatura di De Magistris (vedere il video qui in basso) a sindaco di Napoli, sostenendo che l’essersi dovuto dimettere dall’Europarlamento per fare il sindaco è stato un prezzo giusto da pagare, perché in politica si devono accettare delle sfide quando queste si presentano, e non quando i propri mandati all’Europarlamento o altrove si esauriscono.
Nota personale: pur non essendo un elettore del M5S, sono un suo simpatizzante. Le prove le avete qui, qui e qui (post del 2007, perché la rete ha la memoria lunga, come dice Grillo), se non vi fidate della mia parola. Sono un simpatizzante del M5S perché ne condivido i temi di base (ne dico solo cinque per amor di brevità: il No al nucleare, l’abolizione delle Province, il limite dei mandati elettorali che però secondo me dovrebbero essere di tre, lo svecchiamento della classe politica e lo smantellamento dei privilegi di casta). Sono e resto, però, uno che non porta il cervello all’ammasso, ma preferisce farlo funzionare criticamente. Non ho mai avuto duci, e certo non comincerò con Beppe Grillo, grazie. Quando lui commette degli errori politici, come ritengo siano il mancato appoggio a De Magistris e a Pisapia, io lo scrivo, perché commettere degli errori così marchiani significa non avere il polso della realtà socio-politica di questo Paese. Quando lui prende per il culo in modo rozzo e volgare “Pisapippa”, io scrivo a “Beppe Grullo” una parodia. Che piaccia o no ai suoi elettori, che piaccia o no ai miei venticinque lettori.