Il ‘batterio killer’ parte forse dal porto di Amburgo. E oggi, per due volte, si è avuto il sospetto che fosse arrivato anche in Italia. Il quotidiano di lingua tedesca ‘Dolomiten’ riportava il caso di un turista tedesco ricoverato a Merano con forti dolori intestinali. Le analisi sull’uomo hanno permesso di escludere un’infezione da Escherichia coli (Ehec). Mentre i magistrati di Firenze hanno disposto l’autopsia sul corpo di una donna morta nella sua abitazione a Sesto fiorentino per una gastroenterite acuta. Dopo un primo sospetto, l’esame ha permesso ai medici dell’ospedale Careggi di escludere “qualsiasi correlazione” con l’Ehec. Negativi alla presenza del batterio anche i test sul salame di cervo toscano risultato in un primo momento sospetto. Il ministro alla Salute, Ferruccio Fazio, ha subito rassicurato: “I nostri cibi e le nostre verdure sono assolutamente sicure”. A ipotizzare la fonte della malattia è invece il settimanale scientifico ‘Focus’, citando fonti interne al ‘Robert Koch Institut‘ (Rki), il maggiore centro di ricerche batteriologiche del Paese. La proliferazione del batterio – che intanto ha già fatto 18 vittime – avrebbe avuto inizio durante la festa per l’anniversario del porto della città anseatica, celebrata dal 6 all’8 maggio e a cui hanno partecipato più di un milione e mezzo di persone. Una settimana dopo, una donna presentava i primi sintomi della dissenteria causata dall’Escherichia coli incriminato. Il periodo di incubazione del batterio che ha attaccato la donna corrisponde infatti con quello dell’Ehec. Ma le autorità sanitarie tedesche smentiscono una possibile indagine sulla festa. In tutto, dall’inizio del contagio, dalle ultime stime dell’Organizzazione mondiale della sanità risultano quasi duemila le persone colpite dal batterio killer: per almeno 520 di queste l’andamento della malattia è ancora grave. Tutti i casi accertati – tranne uno – si riferiscono a cittadini tedeschi o persone che sono state di recente in Germania. L’Ehec si è diffuso finora in 13 Paesi, di cui 11 europei.

“Non abbiamo problemi, la nostra sanità è sotto controllo”, ha rassicurato il ministro alla Salute Ferruccio Fazio. Invitando tutti a lavare bene la verdura, Fazio ha anche annunciato una richiesta alla Germania “di fare indagini specifiche sulle forme di confezionamento” dei prodotto. Il ‘batterio killer’, infatti, sembra non riconducibile a un cibo preciso, ma “più trasversale”. E a chiedere urgentemente provvedimenti è anche la Coldiretti, che lancia un allarme: la paura del batterio spinge un europeo su tre a non acquistare prodotti che ha sentito essere a rischio Ehec. L’Italia è però “il principale produttore di frutta e verdura dell’Unione Europea – ha affermato il presidente Sergio Marini – con un valore complessivo delle esportazioni che ha raggiunto nel 2010 l’importo di 4,1 miliardi di euro messi ora a rischio dai ritardi accumulati nell’affrontare l’emergenza”. “L’unico pericolo certo che corre l’Italia – ha aggiunto Marini – è dunque il danno economico per la grande reattività dei consumatori agli allarmi, veri o amplificati”.

A indicare Amburgo come fonte dell’infezione che potrebbe aver raggiunto l’Italia è intanto anche il microbiologo Lothar Beutin, secondo cui la diffusione della malattia prova che “la fonte del contagio non è stata ancora prosciugata, oppure che l’infezione si trasmette da persona a persona”. Non credono invece alla recente festa nella città come possibile fonte del contagio le autorità sanitarie tedesche, che affidano la smentita al portavoce Hartmut Stienen. Secondo il quotidiano ‘Luebecker Nachrichter’, 17 persone si sono infettate dopo aver frequentato un ristorante di Lubecca. Una di loro sarebbe morta. A peggiorare la situazione secondo alcuni studiosi arriva il sospetto che l’Escherichia coli si sia incrociato con un altro batterio, proveniente dall’Africa centrale. Secondo Stefan Schreiber, professore della clinica universitaria di Kiel, “il germe africano possiede tutte le perfide caratteristiche per insediarsi nell’intestino, producendo le tossine che scatenano poi gravi effetti renali”. Come quelli registrati nelle persone decedute.

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