Il sindaco indagato per corruzione mette in imbarazzo il Pd regionale. Tutti tacciono, in attesa degli sviluppi di una storia fatta di appalti, mazzette. E il coinvolgimento di persone legate alla grande criminalità
Ralenti, militante dal 1972 nella Democrazia Cristiana poi confluito nel partitone con gli avversari di un tempo, governa da 9 anni il piccolo centro dell’appennino modenese (8mila abitanti a 800 metri d’altitudine) che nel 2007 lo ha incoronato con il 68% dei voti (lista civica Serra insieme). Da alcune settimane è indagato per corruzione e turbata libertà di scelta del contraente nell’inchiesta dei Pm Claudia Natalini e Giuseppe Tibis sugli appalti per l’ampliamento del polo scolastico (già realizzato al costo di 230mila euro) e la ristrutturazione dello stadio (progetto da 1 milione e 100mila euro) affidata in project financing a un’associazione temporeanea di imprese.
La Guardia di Finanza, che ha notificato gli avvisi di garanzia anche al dirigente comunale Rosaria Mocella e al capo cordata Marco Cornia, presidente dell’Ac Serramazzoni, ipotizza un ‘do ut des’ per l’assegnazione dei lavori edili a due società a responsabilità limitata: la partner dell’Ati Restauro e Costruzioni intestata a Giacomo Scattareggia, sotto processo lunedì a Reggio Calabria per turbativa d’asta negli appalti di Condofuri (Comune della Piana di Gioia Tauro sciolto per mafia), e la subappaltatrice Unione Group. Entrambe sarebbero riconducibili ad una vecchia conoscenza degli inquirenti, Rocco Antonio Baglio. Arrivato trent’anni fa a Fiorano su disposizione del tribunale di Reggio Calabria, indicato nei rapporti dei carabinieri vicino alla ‘ndrina Longo Versace e referente delle cosche operanti nel modenese, negli anni Novanta Baglio fu arrestato per un arsenale sequestrato a Torre Maina di Maranello e per la bancarotta fraudolenta della società Mida’s assieme all’avvocato Fausto Bencivenga.
Oggi è sospettato di una duplice azione criminale: la corruzione del sindaco Ralenti e l’incendio che in luglio ha devastato la villa di Serra di un potenziale concorrente, il costruttore Giordano Gibertini. Le fiamme gialle modenesi hanno sequestrato corposa documentazione cartacea e informatica, ascoltando come persona informata sui fatti anche il sindaco di Maranello Lucia Bursi. Ralenti, interrogato giovedì e sabato scorso, ha negato ogni addebito e spiegato di avere avuto “normali colloqui istituzionali” con Baglio. Questi, in un’intervista al Resto del Carlino dove garantiva di aver cambiato vita, ha sottolineato di essere “amico del sindaco”.
A dieci giorni dalla notizia riportata dal fattoquotidiano.it del primo caso di contiguità fra politica e mafia in Emilia Romagna, nessun dirigente del Pd ha espresso una critica. Silenzio dal segretario regionale Stefano Bonaccini, poche righe da quello provinciale Davide Baruffi per esprimere fiducia “a Ralenti e alla magistratura” invitata a “a fare bene e presto”. Come se bene e presto fossero speculari.
Idem il centrodestra, capace di duellare quotidianamente su tutto, dai temi nazionali a quelli circoscrizionali: il capogruppo del Pdl in Provincia Dante Mazzi riassume la posizione di chi “non commenta in nome del garantismo”. Sono in molti nel centrosinistra a chiedersi quale sia la linea del Pd. Quella dell’impegno in tema di legislazione antimafia e in favore del sindaco Andrea Borghi di Bomporto (area Margherita) contro l’obbligo di dimora all’ ex detenuto per camorra Luigi Coppola o questo silenzio sugli incontri in Municipio tra un altro sindaco e un altro ex soggiornante?
Secondo Stefano Lugli e Nando Mainardi, segretari provinciale e regionale di Rifondazione Comunista, “la situazione è intollerabile e inaccettabile. Le istituzioni, la politica e la collettività emiliano-romagnola devono dare un segnale netto e inequivocabile di distanza da questi episodi: il sindaco del Pd Luigi Ralenti deve andarsene”.
Franco Zavatti, del direttivo regionale della Cgil, cita il caso di Serramazzoni per ricordare i rischi di infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici, invitando gli Enti locali a proseguire sulla strada delle scelte ragionate anziché delle offerte al massimo ribasso. Roberto Adani, che da sindaco di Vignola fu il primo nel 2006 a denunciare questi pericoli, oggi vede confermate le sue tesi: “Al Coordinamento provinciale per la sicurezza mi dissero che esageravo e che i boss in soggiorno obbligato erano andati via da un pezzo. Il partito, che a quell’epoca aveva ancora diverse anime, si spaccò: da alcuni ebbi solidarietà, altri (leggi Margherita) mi dissero che infangavo il buon nome del territorio, ricco e ben governato. Ora fa molto riflettere sentire la ricomparsa di questi personaggi. Aspetterei quantomeno l’eventuale rinvio a giudizio per chiedere le dimissioni di Ralenti ma ritengo che incontrare un soggiornante obbligato non sia proprio da fare. E se fossi nei dirigenti del Pd avrei detto qualcosa”.
Anche il leader regionale di Sel Massimo Mezzetti, come e dopo Adani oggetto di gravi minacce (proiettili in busta chiusa) per le sue denunce, suona la sveglia ai dirigenti. L’ex esponente di Sinistra Democratica, ex segretario provinciale dei Ds, oggi assessore alla cultura nella giunta di Vasco Errani, premette che “solo alla fine delle indagini giudiziarie possono essere tratte conclusioni più compiute e definite” ma sottolinea: “Il minimo che si possa pensare è che siamo in presenza di una preoccupante sottovalutazione e superficialità da parte del sindaco Ralenti. Già questo sarebbe sufficiente per aprire una seria riflessione sulla opportunità che egli stesso non tragga le conseguenze istituzionali di questo improvvido comportamento. Il mio timore è che si sia andati oltre la sottovalutazione ma qualora fosse anche andata così, questo ripropone il serio problema della selezione della classe dirigente e degli amministratori”. Mezzetti invita a non escludere alcun provvedimento: “Le forze politiche, se vogliono fare della lotta alle mafie un terreno vero di impegno, devono agire concretamente di conseguenza fino ad assumere il coraggio di chiedere lo scioglimento di un consiglio comunale in cui sono maggioranza, se la situazione lo dovesse richiedere”.