Il leader del Carroccio furioso: "Urne prima possibile". Ma il premier insiste: "Dureremo fino al 2013". Per quanto Alfano riferisca di un incontro positivo, il senatùr ha riunito i suoi nel quartier generale di via Bellerio in serata per certificare il fallimento dell'alleanza con il Cavaliere. Rimasti disattesi tutti gli impegni sul tavolo
E’ la nuova formula del premier: “Fisco? L’intenzione di ridurre le tasse c’è – dice – ma bisognerà vedere se le condizioni lo consentiranno”. Temporeggiare, dunque. Almeno fino a dopo il referendum. Perché in via Bellerio la speranza è quella di veder passare il quesito sul legittimo impedimento così da usarlo come una seconda sberla al premier, dopo le amministrative. Una sorta di colpo di grazia da parte degli elettori di fronte al quale il Cavaliere, secondo i leghisti, sarebbe costretto a cedere il passo. Insomma Bossi non vuole arrivare a staccare la spina in modo plateale, preferisce tentare di convincere Berlusconi a un passo indietro. Ma più passa il tempo e più si convince che sia impossibile che accada. Non a caso si è detto pronto al voto anticipato nel 2012. Ma in tutta risposta ha ricevuto rassicurazioni che il governo è stabile, la maggioranza c’è e la legislatura può arrivare fino alla scadenza naturale del 2013.
Il leader leghista, dopo la sberla del ballottaggio, non si accontenta delle rassicurazioni. Sperava in un incontro chiarificatore, in una presa di coscienza da parte dell’alleato e, magari, un suo passo indietro. Nulla di tutto questo. Il senatùr si è presentato ad Arcore invocando la garanzia che il premier rinunci a candidarsi alle prossime politiche, pretendendo il trasferimento di almeno un ministero a Milano nel più breve tempo possibile, chiedendo la poltrona di Guardasigilli per il Carroccio e si aspetta un’apertura su fisco e alleanze. Con questo menu il leader leghista si è presentato a villa San Martino con tre ore di ritardo, accompagnato dal ministro Roberto Calderoli, il capogruppo dei deputati della Lega Nord alla Camera Marco Reguzzoni, la mente economica della Lega Giancarlo Giorgetti e il figlio del senatur, Renzo Bossi. Lo stato maggiore del Carroccio è arrivato poco prima delle quattordici. Ad accoglierli, insieme al Presidente del Consiglio, hanno trovato Alfano, l’avvocato del premier, Niccolò Ghedini, e Aldo Brancher. L’ex ministro, condannato a due anni per appropriazione indebita e ricettazione , è stato tra i primi a raggiungere la residenza del premier ed è rimasto anche dopo il termine dell’incontro tra Berlusconi e Bossi.
“Abbiamo ulteriormente ricordato come questa sia la coalizione in grado di assicurare all’Italia governi che durano cinque anni e che sono in grado di assicurare una stagione di riforme, a differenza della sinistra”, ha sintetizzato Alfano. “Non c’è una verifica a cui siamo sottoposti nel rapporto tra Pdl e Lega”. Gli “amici leghisti” hanno lasciato Arcore per raggiungere il quartier generale in via Bellerio, senza rilasciare alcun commento. Dal punto di vista del Carroccio, al momento, la giornata rimane “calda”, così come aveva annunciato stamani Gianni Letta. Aprendo i lavori di un convegno, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha detto, scusandosi: “Dovrò uscire un pò prima”, e ha aggiunto con una battuta: “Come avrete letto sui giornali, la giornata si preannuncia calda non solo dal punto di vista metereologico”.
Toccherà ora alla Lega decidere cosa fare. E i nodi saranno sciolti solo dopo il risultato del referendum e soprattutto dopo Pontida, domenica 19 giugno, quando Bossi capirà a pieno il polso della base. Ma è chiaro che il clima non sia così disteso come lo ha descritto Alfano. Non per il Carroccio, almeno, che si è riunito in via Bellerio. Qui con Bossi e Calderoli, anche il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota, il segretario nazionale Giorgetti e il figlio di Umberto, Renzo Bossi. Il Capo è furioso. E al Pdl il messaggio è arrivato forte e chiaro. Il silenzio in cui si è trincerato il partito del Dio Po è più chiaro di ogni dichiarazione ufficiale. Qualcuno sospetta un gioco delle parti tra Tremonti e Bossi per mettere nell’angolo Berlusconi e spingerlo a farsi da parte. Evidentemente l’unica idea concreta emersa durante l’incontro, quella di trasferire al Nord degli uffici di rappresentanza di alcuni ministeri, pur se “altamente operativi”, non accontenta il Carroccio. Altre volte, al termine di vertici che avevano confermato l’asse fra i due, era sempre stato Bossi a rassicurare pubblicamente sulla tenuta dell’alleanza con il Cavaliere. Stavolta, invece, il leader leghista tace. Ed è un silenzio che preoccupa non poco il Pdl. L’impressione è che tutto sia stato rinviato, in attesa della verifica parlamentare chiesta dal Quirinale, dei referendum, ma soprattutto di maggiori dettagli sulla manovra da 40 miliardi allo studio per tendere al pareggio di bilancio da qui al 2014. Manovra che il Tesoro vorrebbe spalmare in due tranche da 5 miliardi ed una, pesantissima, da 30.