Tutto è cominciato la mattina dell’1 giugno con oltre un migliaio di buste chiuse recapitate a politici, amministratori comunali, industriali, rappresentanti degli ordini professionali, sindacalisti, docenti e amministratori universitari siciliani. Il mittente era anonimo. Ma non si trattava di una minaccia di massa alla classe dirigente siciliana. O meglio non di una minaccia di stampo mafioso o criminale (in quel caso si potrebbe anche parlare di una auto minaccia). Dentro le buste infatti non c’erano pallottole. E neanche disegni di croci o bare. Contenevano invece forchette di plastica spezzate. Sissignori. Una forchetta spezzata per ogni destinatario. Insieme alla posata di plastica anche un’anonima cartolina con scritto “I giovani siciliani si sono rotti. Col nostro futuro non ci mangia più nessuno”. Allegato al messaggio un non meglio precisato appuntamento per il 25 giugno a Palermo.
Così è partita in Sicilia la rivoluzione delle forchette spezzate. Anzi, come si definiscono loro, la rivoluzione delle “forchette rotte”. Neanche il tempo di metabolizzare lo storico atto di ribellione giovanile che le forchette rotte sono tornate nuovamente all’attacco. Con due rapidi blitz via mail. Il primo messaggio di posta elettronica è stato inviato ai 90 deputati regionali dell’isola: “In Sicilia succede che i laureati con 110 e lode – scrivono le “forchette rotte” – a 40 anni sono ancora disoccupati e alla Regione, grazie alla legge 104 in salsa siciliana, a 40 anni si è già super pensionati. Diciamo basta”. In pratica il movimento giovanile chiede l’immediata cancellazione della legge che consente di andare in pensione anticipata e di cui in Sicilia si è fatto un ampio utilizzo negli ultimi anni.
Subito dopo il messaggio ai consiglieri regionali il movimento ha inoltrato un’altra mail, questa volta indirizzata ai rettori delle università dell’isola: Roberto Lagalla che giuda l’ateneo di Palermo, Salvo Andò a capo di quello di Enna, Antonio Recca rettore dell’unversità di Catania e Francesco Tomasello a Messina. “I parenti salgono in cattedra e diventano docenti e i talenti prendono la valigia e diventano migranti – recita la cartolina telematica del movimento – A questo modello universitario diciamo basta e ai vertici dell’università siciliana diciamo che ci siamo rotti e che col nostro futuro non ci mangia più nessuno”. Alla fine del j’accuse nei confronti dei baroni dell’università isolana, le “forchette rotte” hanno nuovamente lanciato l’appuntamento nel capoluogo siciliano sempre per il 25 giugno.
Nel frattempo è nata anche la pagina su Facebook del movimento che in pochissime ore ha superato quota mille amici. Sulla bacheca il movimento scrive di essere in attesa delle risposte dei politici, che verranno pubblicate sul social network: “Questione di trasparenza” ammettono. Non è rimasto esente dalla cartolina virtuale neanche l’assessore regionale alla sanità Massimo Russo: “Tessera di partito? Sei già primario – scrivono le forchette a Russo – Ottimo Curriculum? Sei solo un precario”.
Nel frattempo è iniziata la corsa a capire chi c’è “dietro” le forchette. Alcuni sostengono addirittura che sia tutta una manovra politica, e quindi che non ci sia nulla di spontaneo. Loro, le forchette, negano e dalla loro pagina Facebook sottolineano che “molti chiedono di sapere se ci sono comitati. No. Le forchette sono dovunque. Le forchette siciliane sono in Sicilia, sono nel resto del Paese, perché costrette ad andare via. Sono in Europa, nel Mondo. Saremo quelli del 25 giugno a Palermo e quelli che ci seguiranno su Internet dal resto del mondo. Chiunque prende una forchetta, la rompe e la consegna a chi si è mangiato il futuro è uno di noi!”
In attesa di capirci qualcosa di meglio il 25 giugno sembra proprio che in Sicilia stia nascendo qualcosa di nuovo. Ispirandosi agli “indignados” spagnoli i giovani siciliani costretti da sempre a vendersi ai potenti di turno per vivere stanno finalmente cercando di alzare la testa. Le forchette con cui si sono mangiati il loro futuro adesso si sono spezzate. Anzi, rotte.