La band, divenuta famosa per brani come Modern way, Ruby, trainata da singoli come I predict a Riot ed Everyday I love you less and less, conscia del problema rappresentato dalla “pirateria” e del fatto che in ambito musicale non si è più vincolati al cosiddetto formato “fisico” (al disco o cd), ha escogitato (anche se c’è chi obietta che avrebbero “soffiato” l’idea) un modo piuttosto singolare per diffondere il loro ultimo lavoro: dopo aver ascoltato alcuni spezzoni delle 20 tracce messe a disposizione, si invita il pubblico a crearsi la propria versione dell’album; è possibile scegliere 10 canzoni, se ne decide l’ordine e in più viene data la possibilità di disegnarsi anche la copertina. Un progetto che sfrutta al cento per cento le risorse digitali. Una volta completate le operazioni, si paga il prezzo dell’album, stabilito in 7,50 sterline (8,40 € circa) e si riceve in download l’album in versione digitale.
L’utente che crea l’album, in più, ha la possibilità di vestire i panni del rivenditore: la sua versione personalizzata del disco viene messa in vendita su un’apposita pagina del sito della band, con tanto di pubblicità sui siti personali della band, blog e Facebook, e per ogni copia venduta (sempre al prezzo di 7,50 sterline), una sterlina finisce nelle tasche dell’utente grazie all’accredito tramite Paypal.
Un’iniziativa, questa, che ritengo apprezzabile perché non solo dimostra la volontà di cercare strade alternative all’azione coercitiva per combattere la cosiddetta “libera condivisione della cultura”, ma è anche dimostrazione che ci sono strade alternative ai tradizionali canali di marketing e chi ha idee e talento difficilmente patisce il mercato. In più viene dato al fan – come è giusto che sia – un ruolo sempre più centrale nel decretare il successo o l’insuccesso di un disco, oltre alla possibilità di rifarsi sull’acquisto nel caso si vendano almeno 8 copie dell’album che si è creato.
Ricky Wilson, il leader della band, ci tiene a sottolineare che l’operazione non è una rivalsa nei confronti dell’industria discografica tradizionale; tra l’altro l’etichetta dei Kaiser Chiefs, la Fiction Records del gruppo Universal ha sostenuto in toto l’intero progetto. In un’intervista Wilson ha affermato che l’intuizione sui due elementi più innovativi dell’operazione (l’album fai-da-te e la trasformazione del fan in rivenditore) l’ha avuta durante una chiacchierata con un amico pubblicitario, ma va detto che la band inglese è accusata di aver attinto a piene mani al The Privateer Manifesto di Chris Holmes, artista “iconoclasta, pensatore e uomo d’azione dell’industria discografica” (come riportato da The Daily Swarm, sito dove è stata lanciata l’accusa), che lo ha pubblicato lo scorso febbraio. L’idea comunque, ci piace ugualmente.