Mentre il neo consiglio comunale, oggi alla sua prima seduta, si “autocelebrava” per la presenza di volti giovani, molti dei quali femminili, le precarie dei nido comunali di Bologna non hanno potuto tacere e hanno fatto “irruzione” nell’aula consiliare.
“Meno di 24 giorni al nostro licenziamento” si leggeva su uno striscione mantenuto da un caloroso gruppo di precarie, dove primeggiava il marchio del sindacato di base, l’Usb di Bologna. “Vogliamo una risposta dal sindaco e dalla giunta – urla disperata una delle presenti, con in corpo la rabbia di rimanere ben presto priva di un’occupazione, – avete fatto tanti bei discorsi, noi non ci accontentiamo delle parole”.
Ed è così dopo solo un’ora e mezza dall’inizio dei lavori consiliari (erano circa le 16.30) la neo presidente del consiglio comunale Simona Lembi ha dovuto interrompere la seduta sotto la pressione delle precarie, le quali rivendicavano un incontro come conditio sine qua non per interrompere l’estemporanea protesta.
La condizione delle precarie è dovuta ad un’imminente riorganizzazione degli asili nido comunali di Bologna, a quel cambiamento del rapporto tra educatori e bambini che porterebbe ad una diminuzione del personale. Il 30 giugno, infatti, scadono i contratti di 200 precari (100 educatori e 100 collaboratori) e far passare il piano di riorganizzazione significherebbe mandarli a casa in blocco.
“Abbiamo dei contratti annuali – dicono alcune delle presenti – ci sono educatori che lavorano di rinnovo in rinnovo (annuale, ndr) anche da dieci, alcuni persino da venti anni. Già recentemente siamo riusciti a sventare la chiusura di un paio di nidi che la Cancellieri voleva chiudere perché sosteneva essere non a norma. Per di più dobbiamo ancora ricevere il premio di produttività del 2010 che per noi è praticamente uno stipendio mensile”.
La protesta è durata all’incirca una ventina di minuti, fino a quando i presenti sono stati ricevuti dall’assessore alla scuola Marilena Pillati che ha promesso loro un incontro ufficiale per la prossima settimana in cui discutere delle soluzioni possibili per sventare una riorganizzazione che difficilmente sarà indolore.
Protesta a parte, il primo consiglio comunale della città delle Due Torri è iniziato con l’esordio di Maurizio Cevenini: “Mai avrei pensato che dopo un anno e mezzo toccasse a me, per il destino, per le scelte del mio partito e per un certo numero di preferenze, riaprire i lavori di questo consiglio. Invito dunque tutti ad alzarsi in piedi per cantare insieme l’inno nazionale”. Una richiesta, quella di Cevenini, più che lecita e scontata, la quale tuttavia ha fatto storcere il naso ai leghisti presenti, i quali, con in testa Manes Bernardini, hanno preferito non unirsi al coro.
I lavori iniziano e prima della votazione relativa al secondo ordine del giorno (l’elezione del presidente e del vice presidente del consiglio) prendono la parola alcuni consiglieri, come Massimo Bugani, capogruppo del Movimento 5 stelle che si complimenta con la scelta di dare a due giovani donne lo scranno di presidente e vice presidente e aggiunge: “Non avremmo avuto problemi a votare Cevenini come presidente del consiglio, ma avremmo insistito di più sulle dimissioni dalla Regione”.
Dopo il voto che di Simona Lembi alla presidenza (che si dice orgogliosa della buona notizia che, oltre a vedere al consiglio comunale donne e giovani, fa “ritornare Bologna alla normalità”) e Paola Francesca Scarano alla vicepresidenza (con tanto di ringraziamento da parte del suo leader di partito Manes Bernardini), prende la parola il neo sindaco Virginio Merola che, con il consueto impulso di emotività che lo contraddistingue, afferma che quella appena costituitasi è la “giunta che ho sempre sognato. Generi e generazioni sono ben rappresentati nell’attuale consiglio. Resta aperta la questione delle rappresentanze delle genti, dei nuovi cittadini, questione sulla quale avremo modo di entrare nel merito con la discussione sul programma di mandato”.
È quindi il turno dei capigruppo di ogni partito, prima Stefano Aldrovandi (che promette un “dissenso costruttivo qualora le posizioni della maggioranza non siano condivise”) seguito da Bugani che, nell’indicare come priorità il welfare, augura un buon lavoro a tutti i presenti, nell’auspicio che vi sia una “discontinuità con il passato e le mani libere. Noi non saremo l’opposizione, ma nemmeno sosterremo la maggioranza. Noi siamo dei cittadini liberi che decideranno di volta in volta, dialogano con tutti. Vorrei precisare, inoltre, che io non sono un leader, così come non lo è Favia, né lo stesso Beppe Grillo. Non abbiamo bisogno di persone forti per andare avanti, ma di idee e quelle non ci mancano”.
Se per Bugani la priorità è lo stato sociale, per Bernardini, invece, è l’occupazione “la vera sfida della nostra città” non mancando di polemizzare sull’attuale composizione della giunta comunale “non per le persone, che valuteremo nel corso del tempo, ma per l’anomalia nella distribuzione delle deleghe. Il vero vicesindaco è Lepore (con delega agli affari istituzionali, ndr), trovo inoltre anomala la separazione tra sanità e servizi sociali mentre a Rizzo Nervo (tra le cui deleghe vi è proprio la sanità, ndr) ne vengono conferite tre, se fossi stato io mi sarebbe venuta una crisi d’identità”.
Bernardini, dunque, promette un’opposizione propositiva a partire dal tema infrastrutture. “Abbiamo chiesto di ragionare sul People mover – afferma il leghista bolognese – che dei tecnici, anche uno solo che potremmo mettere noi a disposizione anche gratis, valutino l’opportunità del progetto ed evitare se si trasformi in un altro scandalo Civis”. E infine ricorda al sindaco Merola un numero: 49,5. “Quello che noi rappresentiamo come opposizione, si ricordi che deve dare conto anche a questa metà della cittadinanza”.