Presentato il rapporto annuale di Legambiente relativo allo scorso anno. Trecento clan impegnati in 30mila illeciti accertati. Un affare da più di 19 miliardi di euro. Tra questi, la maggior parte riguardano lo smaltimento illecito dei rifiuti e l'abusivismo. In testa alla classifica, la Campania, seguita da Calabria, Sicilia e Puglia. Cresce il fenomeno nel nord ovest, preoccupazione per la Lombardia
“Come un virus, con diverse modalità di trasmissione e una micidiale capacità di contagio”. E’ l’immagine delle ecomafie in Italia: più di 80mila tir carichi di rifiuti illeciti – che messi in fila arriverebbero da Reggio Calabria a Milano -, come 540 campi da calcio occupati da abitazioni abusive. Sono solo alcuni dei numeri contenuti nel rapporto annuale di Legambiente sulla criminalità ambientale. “Fenomeni che continuano a diffondersi senza incontrare adeguate resistenze – spiega Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità dell’associazione -, approfittando di gravi sottovalutazioni, molte complicità e troppi silenzi”. Un’espansione “sempre più insidiosa” anche per il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, secondo cui “su tali fenomeni la vigilanza istituzionale deve essere particolarmente attenta per evitare pericolose forme di collegamento tra criminalità interna e internazionale, distorsioni del mercato e rischi per la salute dei cittadini”. Un richiamo chiaro alla politica, anche in vista della consultazione del 12 e 13 maggio che, per tre quesiti su quattro, riguarda proprio temi abientali. “Votare sì ai referendum serve anche a contrastare le ecomafie – ricorda il senatore del Pd, Giuseppe Lumia -. Queste, infatti, con la privatizzazione dei servizi, si sono infiltrate nella gestione dell’acqua e dei rifiuti. Figuriamoci cosa potrebbe accadere con la costruzione e la gestione delle centrali nucleari”.
Le responsabilità tra mafie e colletti bianchi. L’ambiente è sempre più una miniera di guadagni illegali per le organizzazioni criminali. Le forze dell’ordine stimano che solo nel 2010 il volume d’affari è stato di 19,3 miliardi di euro, spartito tra quasi 300 clan. Venti in più rispetto al 2009. Ma per le mafie sarebbe impossibile raggiungere questo livello di infiltrazione e “occupare stabilmente posti chiave dell’economia” senza un aiuto. Che è quello “dei cosiddetti colletti bianchi – spiega il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza -, impiegati e quadri in ruoli chiave delle amministrazioni”. Complice la crisi, le “infiltrazioni nell’imprenditoria legale” rappresentano la chiave del successo criminale. Nel corso dello scorso anno, sono stati in tutto più di 30mila gli illeciti accertati dagli inquirenti: 7,8 per cento in più rispetto al 2009. Una cifra che, rapportata al quotidiano, significa più di 84 reati al giorno, 3 e mezzo ogni ora. Tra questi, quasi la metà sono rappresentati dallo smaltimento illegale dei rifiuti e al ciclo del cemento, dalle cave all’abusivismo edilizio. Per il 19 per cento si tratta di violazioni contro la fauna, cresciute soprattutto a causa del traffico internazionale di specie animali e vegetali: un volume d’affari, a livello mondiale, di cento miliardi di euro all’anno. Un altro 16 per cento degli illeciti riguarda invece gli incendi dolosi e il 15 la filiera agroalimentare. Questi i settori principali, mentre le altre violazioni non superano tutte insieme il 6 per cento. In cima alla non lusinghiera classifica ci sono le regioni con un tradizionale radicamento mafioso: prima tra tutte la Campania – con il 12,5 per cento del totale nazionale degli illeciti -, seguita da Calabria, Sicilia e Puglia, dove si registra quasi il 45 per cento dei reati ambientali denunciati nel 2010. In espansione negli ultimi anni è però il ruolo della zona nord occidentale del Paese, con un 12 per cento degli illeciti dovuti al forte incremento del fenomeno in Lombardia.
Nel 2010 record di inchieste sul traffico dei veleni. Ogni ora e mezza, in Italia, viene compiuto un illecito relativo allo smaltimento dei rifiuti. Per un totale, nel 2010, di 6mila violazioni. Sono circa 2 milioni le tonnellate di rifiuti sequestrate nello scorso anno in 12 delle 29 inchieste effettuate dalle forze dell’ordine. Circa la metà delle tonnellate sequestrate in tutte le indagini – e di cui non sempre sono disponibili i dati – e di certo solo una parte dei reali traffici nel Paese. Nel corso delle inchieste, 61 persone sono state arrestate, 597 denunciate e 76 aziende coinvolte. Un business che non riguarda solo il territorio nazionale, ma in cui è sempre maggiore il volume degli affarri con l’estero. Nel 2010, l’Agenzia delle dogane ha inoltrato alle autorità competenti più di 100 notizie di reato per traffico internazionale di rifiuti e sequestrato nei porti italiani più di 11 tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi. Più del doppio rispetto al 2009. Il 60 per cento di questi carichi di veleni erano diretti in Cina, circa il 20 per cento tra Corea del Sud e India, il 4 per cento in Malesia.
Gli illeciti edilizi, pericolo nelle aree a rischio idrogeologico. L’abusivismo nel 2010 è cresciuto al ritmo di più di 26mila casi gravi, secondo le stime del Cresme, istituto di ricerce specializzato nell’edilizia. Lo scorso anno sono state costruite 18mila nuove abituazioni non a norma, mentre gli altri casi riguardano gli ampliamenti e i cambiamenti di destinazioni d’uso compiuti illegalmente. Ma ancora più pericoloso è il fenomeno della costruzione delle case in zone ad alto rischio idrogeologico. In Calabria, dove tutti i comuni hanno delle aree a rischio, che ospitano torrenti e fiumare, il cemento abusivo ha coperto l’anno scorso gran parte della costa, facendo registrare un abuso ogni 100 metri. Si tratta di più di 5mila illeciti in tutta la regione e, tra questi, circa 2mila nella sola provincia di Reggio Calabria. E non va meglio in Campania dove, secondo il Cnr, frane e inondazioni hanno ucciso più di 600 persone dal 1950 al 2008. Eppure nella regione, in dieci anni, sono state costruite 60mila case abusive: 6mila all’anno, 16 al giorno.