Sotto indagine il responsabile dei lavori nominato dal gruppo Fiera e che già coinvolto in due procedimenti, uno per abuso d'ufficio, l'altro per corruzione. Questa volta il fascicolo è legato alla violazione delle norme antisismiche che ha fatto slittare l'inaugurazione. Che a oggi, con i lavori terminati, nessuno sa quando sarà possibile programmarla
Tra i nove spicca il nome dell’ingegner Guglielmo Zaffagnini, il supervisore nominato dal gruppo Rimini Fiera, l’ente responsabile della gestione del Palas, per vigilare sul rispetto di tutti gli adempimenti tecnici e amministrativi nella realizzazione dell’opera da oltre 110 milioni di euro. Con Zaffagnini sono indagate a vario titolo altre otto persone, tutti tecnici in forza all’impresa appaltatrice o alle ditte subappaltatrici della struttura congressuale di via della Fiera. Proprio per essersi affidati a Zaffagnini, i vertici di Rimini Fiera, il gruppo presieduto da Lorenzo Cagnoni, sono esenti da responsabilità in merito alla “violazione sostanziale e non puramente formale” delle norme che garantiscono la sicurezza in caso di terremoto.
Zaffagnini è una figura ben nota nel giro degli appalti di Rimini e provincia: già alla sbarra per l’inchiesta Savioli, dove è imputato per abuso d’ufficio, e per quella sull’hotel Sixty, dove dovrà rispondere di corruzione, l’ingegnere aveva lavorato a suo tempo come responsabile dell’ufficio edilizia del Comune di Riccione. La nuova tegola si abbatte su Zaffagnini nella sua veste di Rup (responsabile unico del procedimento) del Palas, ovvero la personalità deputata alle verifiche tecnico-amministrative dell’opera fino al collaudo e alla consegna definitiva.
Se Zaffagnini l’aveva già appresa da qualche tempo, la notizia è emersa pubblicamente ieri nel corso dell’udienza preliminare proprio sul caso Sixty. Anche se per il tipo di reato contestato all’ingegnere (a differenza dell’abuso edilizio) non esistono sanatorie o estinzioni, la pena prevista è risibile: si va da un’ammenda di 206 euro a un massimo di 10 mila. E sì che l’inchiesta del pm Irene Lilliu sembrava poter annunciare una “mazzata”.
In particolare era stato riscontrato il ricorso a un tipo di acciaio non a norma, ma anche il fatto che su 30 pilastri esaminati dai consulenti della procura almeno 20 erano risultati irregolari per l’assenza (o per una distanza irregolare tra loro) delle famose “staffe” di sostegno del Palas.
Curiosità: a minare il sistema dei controlli iper-parcellizzato era stato un semplice cittadino, un libero professionista del settore, che si era inoltrato in un sopralluogo al cantiere di via della Fiera notando le difformità e segnalandole alla procura con un esposto, anticipando le obiezioni del Consiglio superiore dei lavori pubblici e del Servizio tecnico di bacino Romagna (il cui mancato via libera al nuovo palazzo dei congressi aveva innescato il putiferio in città).
In ogni caso, è da un anno ormai che con riferimento alla “astronave” riminese dei congressi non si parla che di esposti (a firma del parlamentare romagnolo della Lega Nord, Gian Luca Pini, e del candidato sindaco Pdl-Lega alle ultime comunali, Gioenzo Renzi, che ha scritto alla Corte dei Conti) e querele (tra Pini e il consigliere berlusconiano della Fiera Gianni Piacenti). Il danno economico in termini di indotto per la mancata apertura è stato stimato studio da uno studio dell’università di Bologna pari ad oltre 12 milioni di euro.
Posto che l’ostacolo per il Palas – ancora da superare formalmente – è il mancato rilascio del certificato anti-sismico, dopo la perizia che la procura della Repubblica di Rimini aveva ricevuto dai propri tecnici la scorsa estate, pare che ormai il peggio sia passato. I tecnici si sono rimessi a lavorare per realizzare la “sanatoria” richiesta secondo quanto certificato dai periti. Dopo un progetto ad hoc respinto dall’ex Genio civile, l’intervento è iniziato lo scorso 23 maggio e pare vicino a concludersi (si stanno rinforzando i pilastri con la “cerchiatura” in fibra di carbonio), anche se servirà altro tempo per completare l’iter necessario ad ottenere ogni conformità.
Entro giugno potrebbe tornare tutto in regola, con l’obiettivo di far partire l’attività congressuale all’“astronave” alla fine dell’estate. Chi pagherà i danni? Stando alle “rassicurazioni” di Cagnoni, sarà Cofely, la ditta realizzatrice del palacongressi. E sì che il presidente della Fiera riminese e il suo staff si erano sbracciati in questi mesi per giurare sulla sicurezza dell’opera. Per garantire la stabilità dell’“astronave” era sceso a Rimini il maxi responsabile del collaudo, Antonio Migliacci. “Le staffe sono inutili e non necessarie”, aveva dichiarato, “perché non hanno alcuna funzione sulla sicurezza della struttura, collaudata e pienamente agibile”. Pini, innescando una nuova bufera, alla fine della scorsa estate aveva chiamato il vice ministro Roberto Castelli a ispezionare il cantiere.
Carlo Kovacs